Prima del 1987 il Consiglio della Comunità Ebraica di Roma aveva quindici consiglieri, che si presentavano alle elezioni in una sola lista, tra cui gli elettori potevano scegliere liberamente.
I voti degli elettori erano destinati ai candidati che godevano della loro stima. Le dinamiche all’interno del Consiglio erano talvolta condizionate dal confronto delle diverse personalità presenti, piuttosto che da diverse visioni della Comunità.
A dicembre 1987 si svolse il Congresso Straordinario della Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che approvò l’ Intesa tra la Repubblica Italiana e l’ Unione delle Comunità Israelitiche Italiane (questo allora era il nome dell’Unione) ed approvò lo Statuto dell’UCEI.
Il Congresso considerò che per le Comunità, specialmente le più grandi, come la Comunità di Roma, fosse utile avere Consigli più ampi, in modo da consentire la rappresentanza di tutte le anime presenti in Comunità. Quindi lo Statuto stabilisce che il numero dei consiglieri vada determinato in base al numero degli iscritti e nella Comunità di Roma attualmente ci sono 27 consiglieri. Per ottenere un amalgama delle diverse volontà dei consiglieri, il Regolamento Elettorale della Comunità di Roma prevede che i candidati si presentino sulla base di candidature raggruppate in liste con una visione omogenea di ciò che va fatto per il bene della Comunità.
Inizialmente si consentiva l’espressione del voto di preferenza anche per candidati di liste diverse e venivano eletti i candidati che ottenevano il maggior numero di voti.
Il numero di preferenze esprimibili era molto alto, fino a 16 preferenze, perché prevaleva l’idea che la maggioranza dovesse poter far sentire il suo peso. I gruppi sostenitori delle diverse liste esortavano i loro elettori a votare in blocco per tutti i candidati della lista preferita. Gli elettori seguivano spesso questa esortazione e come risultato il gruppo più forte otteneva 16 consiglieri e il secondo tutti gli altri. In parecchie tornate elettorali liste che rappresentavano anche il 20% degli elettori non riuscirono ad ottenere neanche un consigliere e vennero eletti molte volte solo i candidati di due liste.
Come correttivo a questo metodo elettorale, che escludeva dalla rappresentanza una parte consistente della comunità, fu introdotto un nuovo regolamento che prevedeva il voto per liste, ma distribuendo i consiglieri in modo proporzionale ai voti di ciascuna lista con il divieto di votare candidati di liste diverse. Con alcune modifiche per assicurare la governabilità, quale una soglia di sbarramento minimo per avere un consigliere, un premio di maggioranza e la votazione per un candidato presidente, da molti anni questo è il regolamento vigente. Ogni gruppo ha avuto la possibilità di essere rappresentato secondo la sua forza e nel tempo diverse componenti si sono presentate e si sono alternate al governo della Comunità, con indubbio successo di una fedele rappresentazione di ciò che i votanti hanno via via voluto.
Ci sono però vari problemi posti dal metodo proporzionale per liste in un ambito comunitario, in cui gli elettori conoscono personalmente i candidati.
Il primo problema è la cristallizzazione delle liste in gruppi contrapposti, come se fossero partiti politici, che si scontrano al di là delle sottili differenze di programma. Un secondo problema è che nella formazione delle liste prevale un criterio di aggregazione rispetto alle idee dominanti nelle liste piuttosto che secondo la qualità dei candidati. Un terzo problema è che molti elettori sentono conculcata la loro volontà, perché non possono votare per candidati, pur validi e capaci, di liste diverse. Alcuni si rifiutano di fare una scelta netta per una lista piuttosto che per un’altra e preferiscono non votare.
La comunità vive male questa necessità di contrapporsi tra gruppi diversi, che si riflette anche nei lavori del Consiglio, in cui si vede talvolta una faziosità fuori posto. Spesso nella ripartizione dei posti di direzione dei vari enti comunitari si manifestano le stesse modalità che sono presenti nella politica italiana, ovvero secondo la lista di appartenenza anche a scapito della qualità delle persone.
Ci sono varie possibilità per ovviare a queste difficoltà, contemperando le varie esigenze.
Si potrebbe tornare ad eleggere i candidati secondo il numero di preferenze ottenute da ciascuno, dando agli elettori la possibilità di votare per candidati di liste diverse, ma consentendo di esprimere un numero molto limitato di preferenze, per esempio sette, per impedire le spiacevoli conseguenze, già sperimentate, di un numero alto di preferenze.
Oppure gli elettori potrebbero sia votare un lista che esprimere un numero molto limitato di preferenze per candidati di liste diverse. I consiglieri potrebbero essere eletti per una metà secondo il numero di preferenze ottenute e per una metà con il metodo proporzionale per liste, come ora, determinando comunque i consiglieri eletti con il numero di preferenze ottenute.
In entrambi questi due casi sarebbe sempre possibile introdurre la soglia di sbarramento, il premio di maggioranza e la votazione per un candidato presidente. Si tratta solo di tecnicismi del regolamento che non comportano alcuna difficoltà per l’elettore.
La Comunità di Roma sia nella presente che nella precedente consiliatura ha nominato una Commissione Regolamento che ha adeguato il Regolamento della Comunità e il Regolamento della Consulta alle modifiche dello Statuto dell’UCEI intervenute negli anni. Però non ha mai trattato una eventuale modifica del metodo elettorale, che pure nella precedente Commissione Regolamento avevo più volte richiesto con il sostegno della lista Menorah.
Nella campagna elettorale per il Consiglio dell’Unione delle Comunità vari elettori si sono nuovamente lamentati di non poter votare per candidati che appartengono a liste diverse e vorrei proporre al Consiglio della Comunità una riflessione sulla possibilità di cambiare l’attuale regolamento elettorale, sia per la Comunità che per l’Unione, consentendo il voto per candidati di liste diverse.
Il regolamento per l’elezione del Consiglio dell’Unione segue la volontà di ciascuna Comunità ed il Consiglio dell’Unione appena eletto non potrà intervenire su questo.