“Dal 7 ottobre alla pace”: presentato il manifesto nazionale di Sinistra per Israele
A Roma ieri sala piena per il lancio del manifesto che si pone come strumento di azione politica dentro la sinistra italiana a favore delle ragioni di Israele
Si è svolto ieri pomeriggio a Roma, presso il palazzo della Provincia, il lancio pubblico del manifesto di Sinistra per Israele “dal 7 ottobre alla pace”. L’appuntamento, organizzato dalla sezione romana di Sinistra per Israele, ha visto la partecipazione di oltre 120 persone (tra cui Stefano Parisi, presidente di “Setteottobre”) venute ad ascoltare gli interventi di alcuni degli oltre 1200 aderenti al manifesto.
Moderati da Victor Magiar, Flavia Di Castro e Aurelio Mancuso, e dopo una breve introduzione di Massimiliano Boni, il primo intervento è stato di Silvia Berti, storica, che evidenziato il grande dolore provato in questi tempi in cui Israele, colpito dal terrorismo di Hamas, subisce anche l’offensiva ideologica di chi sovverte il significato delle parole, utilizzando ad esempio il termine sionista come un’offesa, cancellando così una lunga tradizione che vede il sionismo nato all’interno del pensiero socialista, offensiva e che si esprime purtroppo soprattutto nelle università.
Berti, dopo aver ricordato le varie posizioni espresse sul conflitto negli Stati Uniti, ha concluso il suo intervento spiegando che la sua convinta adesione al manifesto è mossa anche dalla necessità di promuovere una nuova leadership politica in Medio Oriente, ma soprattutto dal dovere morale di ciascuno di impegnarsi perché venga impedito un nuovo tentativo di sterminio degli ebrei, dopo quello della Shoah.
Anselmo Calò, imprenditore e già vice presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, ha provato a spiegare il sentimento provato oggi dagli israeliani, smarriti dopo il 7 ottobre, anche perché alle loro spalle non è presente la lunga storia di persecuzioni e pogrom conosciuta dagli ebrei europei. È per questo che dopo l’attacco di Hamas gli israeliani vivono ancora una situazione di incertezza e di timore per la stessa sussistenza dello Stato ebraico, oltre che per la loro personale incolumità. Calò ha ricordato che sono oltre 150.000 i cittadini israeliani che ancora non non possono fare il ritorno nelle loro case e che se tale situazione di incertezza e di timore non verrà eliminata non sarà possibile neppure percorrere la strada per la pace. Strada, ha concluso, sbarrata anche dall’attuale governo Netanyahu, influenzato e guidato dall’ala più estremista, ispirata a un messianismo fanatico che, scontrandosi con quello islamico, impedisce ogni soluzione politica.
Valentina Caracciolo, assessore Pd al secondo municipio di Roma, ha spiegato come abbia aderito fin dall’inizio al manifesto, nel quale si riconosce in pieno, specialmente nell’obiettivo di riavviare un percorso che porti alla formazione di due Stati per due popoli, il che significa che innanzitutto occorre il pieno riconoscimento dello Stato ebraico e del suo diritto a vivere in sicurezza. Ha poi evidenziato come si stia ormai facendo un uso virale e superficiale di parole come genocidio o un uso dispregiativo della parola sionista. Anche durante la celebrazione dello scorso 8 marzo è stato evidente il tentativo di molte organizzazioni femministe di passare sotto silenzio la violenza ripetuta e terribile subita dalle donne israeliane. Sinistra per Israele deve porsi dunque anche l’obiettivo di portare le istanze del manifesto all’interno del Partito democratico, dove purtroppo a volte si rischia che passino letture superficiali e sbagliate; nonché sostenere, in Israele, tutti i cittadini che da oltre un anno si battono per il cambio di governo.
Valeria Fedeli, già vice presidente Pd del Senato, ha evidenziato che il manifesto di Sinistra per Israele ha soprattutto tre pregi: la chiarezza con cui sottolinea l’obiettivo di due popoli per due Stati; l’efficace ricostruzione storica del percorso intrapreso, che già prima degli accordi di Oslo ha sempre sostenuto le ragioni dei due popoli; e infine la sottolineatura delle radici comuni fra la sinistra e il sionismo. Ha poi evidenziato con preoccupazione la violenza registrata negli ultimi giorni, con gli attacchi sulla stampa a Liliana Segre, e quelli fisici che hanno impedito a Maurizio Molinari e David Parenzo di parlare in due atenei italiani. Si pone dunque la necessità, innanzitutto per la nostra Repubblica, di intervenire nei programmi scolastici, facendo in modo, ad esempio, che nelle scuole si arrivi a studiare anche il ’900, per comprendere la storia degli ebrei e del nostro passato.
Anche Claudia Mancina, filosofa, ha evidenziato il pericolo che il radicalismo ideologico si diffonda negli atenei italiani, come sta prendendo piede negli Stati Uniti. A questa forma di antisemitismo sembra saldarsi anche una matrice antioccidentale, che fa di Israele l’avamposto dell’occidente in Medio Oriente. Quanto all’obiettivo politico del manifesto, la nascita di due Stati per due popoli, evidenzia come seppure si riuscirà a sradicare il terrorismo di Hamas da Gaza, occorrerà poi riuscire a sradicare anche l’ideologia antioccidentale dai giovani palestinesi.
Gennaro Migliore, già parlamentare di Italia Viva, ha sottolineato come Sinistra per Israele debba sapersi porre senza timore l’obiettivo di fare del manifesto una piattaforma di azione politica. Ha ricordato come nella sua storia politica è stato sempre presente, fin dall’inizio, l’importanza della tutela di Israele. Quanto alla situazione attuale, ha evidenziato i collegamenti di Hamas con l’Iran gli Houti e altre organizzazioni terroristiche e che la sua gestione del territorio a Gaza è simile a quella delle organizzazioni mafiose. Si è detto pertanto favorevole all’inasprimento delle sanzioni contro l’Iran e al tempo stesso ha affermato quanto sia importante, anche a sinistra, riconoscere l’importanza degli accordi di Abramo. Ha infine espresso un giudizio severo sul governo Netanyahu e, guardando alla politica italiana, ha sollevato dubbi circa la possibilità che si possa creare un’alleanza a sinistra fra partiti che non condividono le linee generali di politica estera.
Andrea Romano, docente universitario e già parlamentare Pd, ha evidenziato come il manifesto esprima in maniera razionale un progetto politico progressista e che la sua utilità stia anche nel mettere in guardia dal rischio presente di antisemitismo a sinistra, un rischio che si riconosce ad esempio in posizioni antioccidentali. Al contrario, la realtà di Israele dimostra che nel paese esiste una componente robusta contraria a Netanyahu e che essa va sostenuta contro il governo attuale animato da ideologie razziste. Ha ricordato poi come l’Europa di oggi non debba dimenticare di essere stata costruita sulle macerie della seconda guerra mondiale e in particolare della Shoah. Sostenere Israele oggi, ha spiegato, significa anche evidenziare come l’identità ebraica non vada legata, come spesso tendono a pensare i detrattori di Israele e degli ebrei, a un’immagine esclusivamente vittimistica. Ha concluso auspicando che il manifesto di Sinistra per Israele diventi uno strumento di azione politica all’interno della sinistra italiana.
Ha chiuso i lavori Piero Fassino, che ha evidenziato come la riunione rappresenti essa stessa un atto politico, capace di imporsi a quelle frange estremiste che fino all’ultimo hanno tentato di impedirla. A tal proposito ha condannato fermamente la decisione del Senato accademico dell’università statale di Torino di ritirarsi dal bando di concorso indetto dal ministro dal ministero degli esteri e della cooperazione con le università israeliane. Ha poi ripercorso la nascita e gli obiettivi di Sinistra per Israele, sorta già dopo la Guerra dei sei giorni, per dare uno strumento a chi riteneva necessario difendere Israele nella sinistra italiana.
Ricordato che il sionismo di Theodor Herzl nasce all’interno dei movimenti socialisti di fine 800, e che il rapporto fra gli ebrei e la sinistra è lungo e non privo di contraddizioni (come dimostrano le persecuzioni staliniste degli anni 50), ha sottolineato come Israele oggi sia una realtà democratica costruita sul modello occidentale e che Sinistra per Israele da sempre si batte perché si riconosca a due popoli di avere ciascuno il diritto ad uno Stato e a vivere in sicurezza, il che significa innanzitutto osteggiare qualsiasi forma di criminalizzazione dello Stato ebraico. Ha poi sottolineato come la guerra a Gaza, che certo può essere criticata in alcuni suoi aspetti e nelle sue modalità di conduzione, non può tuttavia essere in alcun modo paragonata all’attacco di Hamas del 7 ottobre, perché ciò equivarrebbe a mettere sullo stesso piano il bombardamento di Dresda con lo sterminio realizzato ad Auschwitz o, detto altrimenti, equivarrebbe a mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito.
Ciò naturalmente non deve far dimenticare le enormi responsabilità di Netanyahu, che del resto nascono da lontano, cioè fin dall’assassinio di Rabin, e che passano per la colonizzazione della Cisgiordania o la pretesa di fare di Gerusalemme l’unica capitale dello Stato ebraico. In altre parole, ha spiegato Fassino, Netanyahu si oppone a qualsiasi prospettiva di pace, motivo per cui Sinistra per Israele deve sostenere un ricambio di leadership non solo in campo palestinese ma anche in Israele. Venendo alla situazione attuale, Fassino ha ritenuto che il cessate il fuoco debba essere condizionato alla liberazione degli ostaggi, la restituzione dei corpi, e a portare aiuto al popolo palestinese. Ha messo in guardia inoltre dal rischio che le varie organizzazioni estremiste operanti in Medio Oriente, come il Fronte per la liberazione della Palestina, gli Houti e l’Iran si saldino in un movimento ostile non solo Israele ma all’intero Occidente. Ha evidenziato che nonostante l’aumento delle difficoltà a seguito del 7 ottobre, l’unica soluzione resta quella dei due Stati, soluzione che però oggi è più difficile, in quanto la pace può nascere solo da dove c’è fiducia, la fiducia che oggi manca.
Infine, per quel che riguarda l’Europa, ha sottolineato come oggi Israele non guardi al continente europeo con fiducia, perché troppe volte gli Stati europei hanno dimostrato di non essere imparziali. Ritiene invece che sia necessaria per l’Europa non essere equidistante da Israele e dai palestinesi, ma praticare “un’equivicinanza”. In conclusione, ha auspicato che con la presentazione odierna del manifesto si avvii un’azione politica, culturale, pedagogica e formativa all’interno della sinistra e che Sinistra per Israele possa operare nel campo della sinistra con successo.
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