La storia di un talled
Elèna Mortara ci racconta la storia del talled del rabbino di Mantova Marco Mortara (1815-1894), passato a suo figlio, il giurista Lodovico, e poi…emigrato in Brasile. Fino a tornare in Italia
Caro Massimiliano, ecco la storia di un talled.
Quando ti ho scritto che il talled del rabbino Marco Mortara è arrivato nella nostra famiglia, il tuo commento è stato: “Che bella notizia Elèna. Poi mi spiegherai che viaggio ha fatto”.
Ecco allora la storia di questa migrazione nello spazio e nel tempo, da una generazione all’altra, dalla prima metà dell’Ottocento agli anni Venti del Duemila.
Da Marco Mortara (1815-1894) il talled è passato al figlio Lodovico Mortara; da Lodovico Mortara al figlio Giorgio Mortara; da Giorgio Mortara al figlio Alberto Mortara, emigrato con lui e il resto della famiglia in Brasile nel 1939 per le Leggi Razziste.
In Brasile, Alberto Mortara (omonimo di mio padre), non avendo discendenza ebraica, nel dopoguerra ne ha fatto dono al fraterno amico Alberto Foà, anch’egli emigrato in Brasile per sfuggire alle stesse Leggi Razziste. Rientrati in Italia, a Milano, nel 1958, Alberto Foà e sua moglie Laura hanno voluto che il talled ritornasse alla famiglia Mortara.
Così, all’inizio degli anni Sessanta la consegna del talled avvenne in una riunione in casa di Amedeo Mortara e di sua moglie Luisella Ottolenghi Mortara, cui parteciparono anche Eugenio Mortara, fratello maggiore di Amedeo, e il figlio di questi Giorgio Mortara, a cui il talled venne affidato, in quanto discendente maschio della famiglia.
Qui si rende necessario un chiarimento di storia familiare. Eugenio e Amedeo Mortara (figli di Roberto Mortara), come mio padre e loro cugino Alberto Mortara (figlio di Vittorio Mortara, fratello maggiore di Roberto) e tutti i rispettivi fratelli, erano nipoti di una sorella di Edgardo, Ernesta Mortara (doppiamente Mortara, perché nata Mortara e poi sposatasi con il cugino Eugenio Mortara), figlia di Marianna Padovani e di Momolo Mortara, l’eroico combattente per la liberazione e il ritorno in famiglia del figlio rapito dalla Chiesa di Roma.
Momolo Mortara era un cugino primo di Marco Mortara, avendo entrambi come nonno, padre del rispettivo padre, Abramo Giuseppe Mortara (1755-1845). Pertanto, la nostra bisnonna Ernesta e suo cugino Lodovico Mortara, figlio di Marco, avevano questa comune ascendenza. Mi scuso per tali intrecci familiari, ma sono la sostanza della storia.
Negli anni Sessanta del ’900 l’antico talled è tornato, dunque, ad un discendente ebreo della famiglia Mortara, Giorgio Mortara, figlio di Eugenio. Ed è Giorgio Mortara che il 7 gennaio 2024, in occasione della milà di Giulio Foà, “con piacere e commozione” (come da lui scritto in una sua lettera rivolta al neonato), ha fatto generosamente dono del talled al piccolo Giulio. Perché a lui? Perché in lui si congiungono le ascendenze ebraiche di entrambe le famiglie, Mortara e Foà, divenute protagoniste di questa lunga vicenda.
Lui, Giulio Foà, nato a Milano all’alba del 31 dicembre 2023 / 19 Tevet 5784, è, infatti, figlio di Diana Aliverti, figlia di mia sorella Paola Mortara, che a sua volta è figlia di Alberto Mortara e pronipote di Ernesta Mortara; ed è figlio di Daniele Foà, il cui nonno Alberto Foà, padre di suo padre Franco, è colui che aveva ricevuto il talled in Brasile e lo ha riportato in Italia. A questo figlio primogenito dalle ascendenze congiunte Mortara e Foà è stato dunque ora trasmesso e affidato il prezioso scialle di preghiera.
Ed è così che la vita e la storia memorabile del talled del rabbino Marco Mortara ancor oggi continua.
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Una risposta
Grazie per questa bella storia.