È difficile parlare di sionismo in sede politica ed etica, ancor di più se le riflessioni da cogliere sono quelle di Emmanuel Levinas, il filosofo che ha fatto dell’assoluta intangibilità del Volto d’Altri il comandamento sul quale impostare l’etica come filosofia prima e far derivare da questa ogni altro tipo di speculazione, compresa quella politica.
Il rischio è, come dice Giuseppe Stinca – citando Bidussa – nell’introduzione al suo Il sionismo nell’ottica etico politica di Levinas (Andrea Pacilli Editore, Manfredonia 2022, 215pp.), di ridurre il significato di sionismo all’azione politica e militare dello Stato d’Israele, politica militare che certamente esiste ma non è né la sua ideologia né la sua metonimia.
Il timore di accostarsi a tale materia da parte di “anime belle” impedirebbe tuttavia di comprendere la complessità etica, politica e storica del fenomeno sionismo e di cogliere le sfide che esso ancora propone a tutti coloro che si addentrano nelle questioni di filosofia della storia e di filosofia politica.
La ricerca di Stinca non si è concentrata sulla ricognizione delle diverse tipologie di sionismo, ma ha provato audacemente a fornire una definizione del sionismo di Levinas o in Levinas. Di tale autore sono ben conosciute le opere teoretiche, come Totalità e Infinito e Altrimenti che essere, ma sono meno noti gli scritti religiosi. Stinca è convinto che vi sia tra i testi filosofici e quelli confessionali di Levinas una circolarità ermeneutica, e concentra i suoi studi oltre che sui saggi denominati Sionismi, in Aldilà del versetto, sulle lezioni talmudiche, pubblicate dal filosofo in diverse raccolte, ma che egli tenne tutte negli incontri dei Colloques des Intellectuels Juifs de Langue Française che videro, tra il 1957 e il 2000, gli esponenti del pensiero ebraico francese confrontarsi nel tentativo di riconciliare le proprie radici ebraiche alla tradizione intellettuale francese, in risposta alle domande e alle situazioni della modernità.
Giuseppe Stinca ha condotto le sue ricerche sugli atti di tali convegni presenti nella biblioteca del CDEC di Milano e il suo lavoro è il primo fatto in lingua italiana, sia sui Colloques che sul sionismo di Levinas. Nel denso capitolo che vi dedica, mediante una rigorosa analisi, Stinca ricostruisce la genesi delle idee levinasiane a confronto con quelle dei suoi correligionari per verificare la congruenza o meno del suo pensiero con quello della riflessione ebraica contemporanea. Con un lavoro a uncinetto le idee vengono riprese una a una e intrecciate con quelle contenute nei testi teoretici del filosofo, per trovare una composizione finale unitaria.
Stinca definisce quello di Levinas un “sionismo in-politico” nel senso di non-politico e nel-politico, ovvero di un’azione che si attua nella dimensione politica ma ha la propria radice in quella etica, con tutte le difficoltà e anche contraddizioni che questo comporta. In questo senso il sionismo sarebbe per Levinas proprio una «invenzione politica», ovvero un’azione impegnata nei fatti per pensare, fare e ri-fare uno Stato in cui si incarna la morale profetica ebraica. Il sionismo rappresenterebbe perciò l’anima della elezione ebraica intesa come «universalismo particolarista», ovvero un messaggio etico universale rivolto a tutte le genti, che è storicamente condotto dagli Ebrei, la cui elezione non sarebbe altro che la responsabilità del popolo della Torah per il mondo intero, una responsabilità che si concretizza con la creazione di un ordine politico e di uno stato democratico, con tutte le strutture che lo costituiscono, compresa «un’armata che possa avere una significazione dissuasiva, e se necessario, difensiva».
Una tale affermazione sembrerebbe incongruente al pensiero di Levinas se non capace di suscitare incertezze sulla validità del suo intero sistema. La ricerca di Stinca affronta con rigore e serenità intellettuale la concezione del sionismo in Levinas per inserirlo armoniosamente in un’ottica unitaria, come luogo paradigmatico dell’incontro possibile dell’etico e del politico, luogo i cui confini, conclude Stinca ricordando Derrida, non sono mai stati puri, né mai lo saranno.