Università di Torino e Bandi MAECI: una vicenda di pregiudizio, illazioni e prevaricazioni
Riflessi torna sulla vicenda del voto del Senato accademico dell’Università statale di Torino con un intervento di Aldo Winkler
Il Senato Accademico dell’Università di Torino, in data 19 marzo 2024, ha dichiarato non opportuna la partecipazione al bando scientifico del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) per la raccolta di progetti di collaborazione tra le istituzioni di ricerca italiane e israeliane, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza. Tale mozione, votata dalla maggioranza dei senatori accademici e rappresentanti in Senato, con il solo voto contrario della direttrice del dipartimento di Matematica e con due astensioni, ha determinato l’Università di Torino quale primo Ateneo italiano a sospendere un accordo di cooperazione con le istituzioni accademiche israeliane per la ricerca, dopo mesi di reiterati appelli di finalità analoga.
Prima di discutere tale mozione, è necessario entrare nel merito del suddetto bando e della successiva lettera aperta, che ne ha proposto la sospensione per rischio di dual use e violazione del diritto internazionale e umanitario, firmata, al 22 marzo 2024, da oltre 1900 afferenti a vario titolo a Università ed Enti di Ricerca.
I bandi per la raccolta di progetti congiunti di ricerca sulla base dell’accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele vengono emessi a cadenza annuale e, nel 2024, hanno promosso la presentazione di linee di ricerca sulle tecnologie per i suoli salubri, su quelle idriche (trattamento dell’acqua potabile, delle acque industriali e fognarie e desalinizzazione dell’acqua) e sull’ottica ed elettronica di precisione con applicazioni sui rilevatori di onde gravitazionali. I bandi prevedono un cofinanziamento, in cui gli scienziati vengono sostenuti dai rispettivi governi di riferimento.
Nella lettera aperta al MAECI per la sospensione di tale Accordo, si sottolinea che il finanziamento potrebbe essere utilizzato per sviluppare tecnologia dual use, ovvero a impiego sia civile che militare, e che la terza linea di finanziamento delle tecnologie ottiche potrebbe essere utilizzata per sviluppare devices di sorveglianza di ultima generazione, anche a uso bellico.
Tale richiesta viene avanzata anche: “per proteggere le istituzioni italiane dall’accusa di non aver adempiuto al dovere inderogabile di prevenzione di genocidi, ovunque ve ne sia il pericolo, che è un obbligo per gli stati membri delle Nazioni Unite secondo la Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio, o di essere complici di crimini di guerra, attualmente all’indagine della Corte penale internazionale”.
Nella lettera, in premessa, viene scritto che: “in seguito agli attacchi di Hamas il 7 ottobre 2023, lo stato di Israele ha risposto con una violenza militare che ha oggi causato la morte di quasi 30.000 palestinesi in larga parte minori, il trasferimento forzato di circa due milioni di palestinesi all’interno della Striscia, più di un milione dei quali vivono oggi in tende a Rafah senza sapere quale sarà il loro destino, e il pressoché totale annichilimento delle infrastrutture civili (dalle case agli ospedali e le scuole) necessarie alla sopravvivenza umana a Gaza” sostenendo peraltro che: “Le violazioni del diritto internazionale, molte delle quali integranti probabili crimini di guerra e altri gravi crimini internazionali, non sono certo iniziate il 7 ottobre 2023, come appare evidente nel contesto del caso in discussione davanti alla Corte Internazionale di Giustizia e delle indagini in corso della Corte Penale Internazionale, a conclusione di indagini preliminari gravemente indizianti”.
Oltre 1900 persone afferenti a Università ed Enti di Ricerca hanno ritenuto di dover firmare un appello improntato su variazioni sul tema delle possibilità di utilizzo e delle indagini in corso. O, come ha sostenuto Sabina Nuti, Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, per accuse generiche che non si capisce a quali aspetti facciano davvero riferimento, come riportato sul quotidiano La Nazione. Presunzione di colpevolezza, insomma. Tanto più che le clausole generali dell’accordo binazionale non prevedono il finanziamento di tecnologie ad uso duale, come sottolineato dal fisico Emanuele Dalla Torre, in un’intervista pubblicata su Huffington Post. A cui è seguita, sulla medesima testata, la nota del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica, Anna Maria Bernini, che ha ribadito, sulla linea di quanto già dichiarato dal Presidente della Repubblica, che: “fermare la ricerca vuol dire fermare lo sviluppo”.
D’altra parte, nel testo che invoca la sospensione degli accordi, ricorre per ben cinque volte, a sproposito, la parola: “genocidio”, termine specifico che indica gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale; si leggano, a tale proposito, l’editoriale di Luigi Manconi e l’intervista a Marcello Flores, entrambi sul quotidiano Repubblica.
L’uso improprio di tale termine, avallato dalla firma e dalle credenziali istituzionali dei firmatari, è atto particolarmente significativo, dal punto di vista della superficialità con cui questo documento è stato redatto dalla comunità degli aderenti, comportando la banalizzazione e lo sminuimento del suo mero significato e del giudizio che ne consegue.
La lettera aperta ha creato un diffuso e insidioso substrato su cui si è fondato il punto di svolta – nella vicenda dei boicottaggi universitari – rappresentato dalla presa di posizione dell’Università di Torino. Innanzitutto, per il clima di forte intimidazione che ha condizionato la seduta del Senato Accademico, interrotta dagli studenti dei collettivi “Cambiare Rotta” e “Progetto Palestina”, che hanno esposto i loro striscioni nella sala del rettorato. I suddetti collettivi chiedevano di sospendere i 9 accordi di collaborazione in corso tra l’università di Torino e le università israeliane: il Senato si è limitato a votare la mozione relativa al bando MAECI, in quanto tuttora in corso.
Ora, oltre al significato accademico della sospensione di questo accordo, sottolineando peraltro che l’Università di Torino attualmente mantiene in vigore 16 accordi con l’Iran, collaborando su programmi legati allo sviluppo di agricoltura, medicina, studi storici e religiosi, biotecnologie e, a proposito di dual use, con l’Università Hhakim Sabezevari, dove si studia la fisica nucleare, gli esiti di questa seduta sono risultati particolarmente inopportuni per la grande visibilità e per la legittimazione che sono state così conferite ad associazioni quali “Cambiare Rotta”, che stanno ormai monopolizzando la visione unilaterale e ideologizzata del conflitto, alimentando odio antisemita in scuole, università e nei contesti pubblici cittadini, esibendo, peraltro, legami ideologici con l’eversione armata di ispirazione comunista.
A tale proposito, si legga il contenuto diffuso dall’ANSA, non confutato dall’Università di Torino,in cui i militanti di “Cambiare Rotta” raccontano di aver conseguito: “Una vittoria importante che proveremo ad ottenere anche negli altri atenei del Paese per smontare pezzo a pezzo la complicità delle università italiane con l’entità sionista“.
Per rappresentare al meglio la violenza con cui tale mozione è stata ottenuta, si fa riferimento a un particolare della foto che, di quella seduta, è stata diffusa, da cui trapela l’evidente imbarazzo dei docenti, nel ricevere dagli studenti indirizzi sulla mozione in corso di discussione.
Tornando alla parola genocidio, nella sua corretta accezione, si vuole qui rimarcare che Mario Carrara, Francesco Ruffini, Lionello Venturi e Gaetano De Sanctis (passato a Sapienza nel 1929) furono i 4 professori di Torino che, nel 1931, rifiutarono il giuramento fascista, insieme a Leone Ginzburg, come libero docente, nel 1934. Quello sì, atto che avrebbe potuto prevenire il genocidio. A loro, all’Università degli Studi di Torino, è dedicata una lapide commemorativa. A Primo Levi, massimo testimone del genocidio nazifascista, è dedicata l’aula magna del Dipartimento di Chimica, presso l’Università di Torino.
Noemi Di Segni, per l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha lanciato “un appello a Meloni, a Bernini e alla presidente della CRUI Iannantuoni, affinché la definizione dell’International Holocaust Remembrance Alliance sull’antisemitismo sia recepita a pieno da tutte le Università italiane”. Dario Di Segni, per la Comunità Ebraica di Torino, ha indirizzato una lettera al Rettore, in cui ha ribadito come la decisione presa “non ha precedenti nei rapporti con qualunque altro Stato, compresi quelli retti da regimi dittatoriali”.
Dal punto di vista civile e politico, due associazioni hanno inteso contrastare la suddetta mozione. L’Associazione Sinistra per Israele ha definito: “scelta molto grave, incomprensibile e discriminatoria” la decisione del Senato accademico dell’Università di Torino di non partecipare a progetti di cooperazione con Università israeliane. L’associazione Setteottobre ha diffuso una lettera aperta al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Università sulle intimidazioni antisemite che si verificano nelle università italiane, esprimendo preoccupazione per la deriva antisemita e ntisraeliana che mina la libertà della vita accademica, la sicurezza di studenti e docenti di origine ebraica, nonché il libero e corretto svolgimento delle attività scientifiche e di ricerca.
Tra le altre iniziative in corso di svolgimento, i docenti dell’Ateneo torinese hanno denunciato, in una lettera aperta, il ricatto “di una minoranza di facinorosi che, con metodi squadristi e linguaggi inaccettabili, tengono sotto scacco la maggioranza del Senato Accademico”.
Anche i due vicerettori con delega alla ricerca dell’Università, Alessandro Vercelli e Cristina Prandi, hanno scritto ai colleghi una lettera di forte presa di posizione contro la mozione del Senato Accademico. Pregevoli, in tal senso, gli interventi di Daniela Santus, professoressa nel Dipartimento di Lingue e Letterature straniere e Culture moderne dell’Università di Torino, per il Foglio, e, per Huffington Post, quello di Susanna Terracini, unica a votare, nell’ambito del Senato Accademico, contro il boicottaggio.
Peraltro, per entrare nello merito dei firmatari dell’appello alla sospensione degli accordi, gli afferenti all’Università di Torino sono stati 104, di cui soltanto 16 quelli relativi alle discipline più propriamente coinvolte nel bando (Biotecnologie Molecolari, Chimica, Fisica, Scienze della Terra, Scienze della Vita e Scienze Progetto Territorio), rispetto, per esempio, ai 33 del solo Dipartimento di Culture, Politica e Società e ai 19 di Lingue e Letterature Straniere.
Il 22 marzo, a valle della riunione indetta dal Ministero con la CRUI, la conferenza dei Rettori, il Ministro Bernini ha dichiarato che la scelta di non partecipare a un bando MAECI è: “anche per la portata simbolica e il possibile effetto emulativo, una decisione profondamente sbagliata, anche se formalmente legittima nel sistema dell’autonomia. La diplomazia scientifica è strumento di pace. Le università non possono schierarsi o entrare in guerra”.
Ecco, proprio su questa legittimità, e sul fatto che l’autonomia universitaria possa travalicare quella dei ricercatori, fino a contravvenire alle direttive ministeriali e agli indirizzi della Presidenza della Repubblica, si dovrà concentrare l’azione legislativa, affinché le Università non diventino isole al di fuori del contesto giuridico e regolamentare che, peraltro, dovrebbero contribuire a diffondere e applicare con il dovuto rigore.
Si conclude questa rassegna ricordando che il 22 marzo si è celebrata la Giornata Internazionale dell’acqua. Si ribadisce come uno dei temi degli accordi MAECI sia rivolto alle tecnologie idrauliche. Irrigazione goccia a goccia e desalinizzazione a osmosi inversa sono alcune tra le tecnologie che, inventate in Israele, un paese semi-arido, hanno portato a conseguire eccedenze idriche. Ritenendo, come opinione personale dello scrivente, che dietro queste illazioni sul dual use non si celi altro che il solito e ricorrente complotto giudaico.
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