“Al primo soffio delle sirene le luci di Parigi, rare e timorose, oscurate di blu, vacillavano e si spegnevano come candele al vento“.
E’ l’inizio di “Tempesta in giugno” la prima parte di quell’opera complessa immaginata da Irene Nemirovsky ed arrivata ai lettori soltanto all’inizio del secolo grazie al lavoro prezioso e certosino della figlia Denise Epstein.
‘TEMPESTA IN GIUGNO‘, edito da Adelphi (340 pagine, 20,00 euro), nella traduzione di Teresa Lussone e Laura Frausin Guarino, che aveva curato anche la prima versione del romanzo “Suite francese” come aveva immaginato il complesso del suo lavoro l’autrice prima di essere arrestata e deportata ad Auschwitz nel 1942.
“Sarà dura, pensavano i parigini. Aria di primavera. Una notte di guerra, l’allarme. Ma la notte svanisce, La guerra è lontana“, si leggeva nella stesura conosciuta finora di ‘Temporale di giugno“, la prima parte appunto di quel testo che rese famosa Nemirovsky prima in Francia e l’anno dopo, nel 2005, in Italia creando una vera e propria ‘setta’ di estimatori. Parigi e quel mondo in dissoluzione di cui vede con una precisione quasi da veggente la fine è al centro anche di questa seconda stesura dell’opera, dattiloscritta dal marito Michel Epstein e sulla quale sono visibili correzioni a mano dell’autrice.
L’ansia della fine anima il libro: si apre con l’introduzione al lettore del nipote di Nemirovsky, Nicolas Dauplè per gli eredi della scrittrice e da una premessa di Olivier Philipponnat in cui si ricostruisce l’esistenza delle due versioni, si illustra il percorso che ha permesso di salvare dall’oblio della ferocia nazista una buona parte dell’opera della scrittrice ucraina, francese di adozione, nata nel 1903 a Kiev, città ancora una volta senza pace.
Ci sono quattro capitoli nuovi e alcuni altri rimaneggiati in questa nuova veste di quello che all’inizio l’autrice definiva “l’eventuale romanzo sulla disfatta”.
Quel crollo della Francia inaspettato, a cui all’inizio si stenta a credere ricordando che anche nel 1914 da principio si era messa male. Un disfacimento che meticolosamente viene scritto quasi in presa diretta da Nemirovsky nelle campagne di Issy l’Eveque, dove si era nel frattempo rifugiata. I lettori ritroveranno le vicende di quel mondo fuggitivo ed eterogeneo, in viaggio verso la salvezza. Ci sono i Pericard, ricca famiglia borghese, che all’inizio del racconto ascolta alla radio senza sorpresa la dichiarazione di guerra dell’Italia, il saccente Gabriel Corte e la sua amante Florence e tutti quelli che vorrebbero raggiungere il sud per mettersi al servizio del governo collaborazionista di Petain.
Della ‘Suite francese‘, che doveva essere sviluppata in cinque parti, ne sono state composte come noto soltanto due, questa prima di cui arriva ora la nuova versione, e la seconda ‘Dolce’, presente in Suite francese e qui solo accennata negli appunti insieme con quelli dell’embrione di ‘Captvitè’, che avrebbe dovuto costituire la terza parte. Appunti poi riuniti in una ‘Nebulosa di capitoli’ come è scritto nell’introduzione alle ultime pagine alla fine del libro. Scrive Teresa Lussone nella postfazione che “quando Irene Nemirovsky comincia a scrivere quello che diventerà Suite francese non ha affatto le idee chiare sul progetto complessivo e quando riesce a trovare la formula del futuro capolavoro annota “bisogna scrivere a più non posso”.
Sa che non c’è tempo. Alle figlie Elisabeth e Denise deve andare il ringraziamento per aver ritrovato e copiato quest’opera su un mondo alla fine travolto dalla lava incandescente della storia e della paura. Quella ben riassunta nella quarta di copertina: “Col calar del buio il pericolo cresceva e così pure l’angoscia. La si respirava nell’aria, nel silenzio” ma soprattutto: mi toglieranno tutto…che importa sono solo pietre, legno, materia inerte”. L’importante era stringere tra le braccia le persone amate, il resto poteva pure sprofondare tra le fiamme. Lei morirà di tifo il 17 agosto 1942, poco tempo dopo il suo arresto.