Miracoli
Perchè la donne non sono esentate dall’obbligo di accendere le luci di Chanukkà? In questo articolo rav Michael Ascoli ci dà una traccia di riflessione
“Anche le donne furono parte del miracolo” di Chanukkà, e per questo hanno l’obbligo di accendere le candele.
In effetti, il criterio generale secondo il quale le donne sono esenti dai “precetti legati al tempo”, presenta molte eccezioni e Chanukkà è una di queste. Al riguardo, il Talmud riporta il motivo che “furono parte del miracolo”. Nell’interpretazione più restrittiva, ciò significa che la salvezza fu per loro non meno che per gli uomini; in quella più ampia, furono protagoniste della salvezza. E qui si aprono almeno tre possibilità.
Secondo la prima si tratta di Giuditta. Come noto, Giuditta fu protagonista di una prodigiosa salvezza, essendo riuscita a introdursi nel campo nemico e ad ucciderne il comandante, Oloferne. Molte delle circostanze di questa vicenda sono vaghe, dato che non solo implica problemi circa la storicità dell’evento, ma mette perfino in questione il fatto che ci si trovi nell’epoca ellenistica. Ma poco importa, la rilevanza di queste tradizioni risiede nel messaggio che esse trasmettono. La donna che usa il proprio fascino e la propria intelligenza per sconfiggere il nemico, il suo comandante in particolare, è un motivo che si ritrova già nell’uccisione di Siserà da parte di Yael, nel libro dei Giudici.
La seconda possibilità è che si tratti della sorella dei Maccabei. Fonti diverse le danno nomi differenti, ma la sostanza è che fu lei a suscitare la rivolta, con un atto decisamente femminista: la rivolta contro lo ius primae noctis ormai vigente da tre anni. In occasione del suo matrimonio, si denudò e sferzò i suoi fratelli che si erano sentiti offesi, rimproverandoli: “che io mi sia denudata di fronte a voi provoca il vostro zelo, il consegnarmi all’incirconciso per abusare di me, no?”. Questa tradizione è probabilmente quella più nettamente legata a Chanukkà, ma è anch’essa motivo ricorrente di opposizione all’oppressione in ogni epoca (e anche di questa si possono forse rintracciare precedenti nel Tanakh, considerando il Faraone, Avimelekh o Chamor che presero, o si temeva potessero prendere, donne altrui con la forza).
Infine, c’è la storia della madre (Channà il suo nome nella versione più nota) e dei suoi sette figli, che si rifiutano di compiere idolatria o di trasgredire altre norme della Torà come il nemico avrebbe voluto imporre loro, pagando il rifiuto con la vita. Anche questo motivo è ricorrente sia nel Tanakh che nel Midrash, oltre che essere tristemente presente in innumerevoli episodi nel corso della storia.
Dunque, la donna è protagonista della resistenza, in ogni sua forma: passiva, di sfida e provocazione o con le armi in pugno. Tornando alla fonte del Talmud, occorre notare come essa parli esplicitamente di “miracolo”, e si sa che a proposito di Chanukkà il miracolo ha un ruolo centrale.
Ma come si concilia tutto questo con l’ampollina d’olio, unico miracolo che il Talmud annovera per rispondere alla domanda “cosa è Chanukkà”?
Da una parte l’iniziativa umana, pratica; dall’altra il miracolo che riguarda il Bet haMiqdàsh, dunque la sfera del culto, della spiritualità, del religioso. La risposta risiede verosimilmente nel modo in cui si vivono le cose: le donne di Israele hanno sempre operato con coraggio, sperando -ma non pretendendo- nessun miracolo. Channà e i suoi figli sono emblema di resistenza, ma per loro non ci fu il miracolo, al punto che il Midrash mette in bocca a Channà il confronto con Avraham, il quale aveva solo pensato di sacrificare un figlio, mentre a lei era toccato di sacrificarne sette per davvero.
Nessun intervento divino, dunque. I decreti del Signore sono imperscrutabili e la ricompensa è riservata al mondo a venire. Il miracolo, in casi come questo, è la capacità dei protagonisti di sacrificarsi per la sopravvivenza dell’ebraismo. Laddove invece l’intervento dall’Alto c’è ed è tangibile, si riconosce a posteriori il miracolo avvenuto, e lo si dedica religiosamente al Bet haMiqdàsh. È così che la vittoria di Giuditta, così come quella dei Maccabei, si riflette nell’accensione di una chanukkià. Nessun tributo agli eroi, bensì lode al Signore, hallèl.
Una lezione fondamentale in un frangente storico nel quale troppo spesso ci si sforza di riconoscere miracoli ovunque, con l’assai poco modesta assunzione implicita di esserne degni!
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Una risposta
Perché esportiamo o lasciamo andar via gli elementi migliori come Rav Ascoli ?