Gli ebrei si sentono più soli
A Bologna un’iniziativa di Comune e Università incrina il rapporto con la comunità ebraica e sancisce la lacerazione tra una ampia parte della sinistra e gli ebrei italiani. Ne abbiamo parlato con il presidente della comunità ebraica del capoluogo emiliano
Presidente De Paz, martedì si sono svolti a Bologna due incontri pubblici che hanno avuto come protagonista Omar Barghouti, fondatore del movimento BDS in Italia, che hanno suscitato le forti rimostranze della comunità ebraica di Bologna. Ci può spiegare i motivi?
Gli incontri sono stati realizzati in due luoghi di eccellenza della città: l’Università e palazzo d’Accursio, sede del sindaco. Personalmente ho avuto conoscenza della cosa soltanto domenica scorsa, tramite la lettura di un comunicato stampa. Mi sono dunque attivato cercando di prendere contatti sia con il Comune – il sindaco Lepore, il suo portavoce e l’assessore Ara – che con l’Università.
Che cosa le hanno detto?
La cosa che mi ha letteralmente stupito è stata la risposta alla mia domanda, che chiedeva di sapere se l’Università e il Comune fossero consapevoli del pensiero di Barghouti: mi è stato detto che “ci si stava informando”. La mia percezione immediata è stata dunque quella della scarsissima o assente consapevolezza circa il reale profilo della figura invitata.
Come giudica la gestione delle iniziative?
È evidente che si è trattato di un’organizzazione a dir poco opaca. L’informazione è stata volutamente comunicata poche ore prima che gli incontri si tenessero, in modo da impedire la possibilità di chiedere un dibattito equilibrato. Inoltre gli appuntamenti sono stati presentati come a favore del dialogo e della pace, mi domando però che tipo di dialogo e di pace si voglia raggiungere quando si organizza il monologo di un soggetto come Barghouti.
Dunque la comunità si è lamentata per la mancata partecipazione o per l’invito a Barghouti?
Il problema prevalente è sicuramente la figura dell’oratore invitato. La comunità infatti non può sedersi al tavolo con una figura che predica la scomparsa dello Stato di Israele e che per principio definisce lo Stato ebraico come praticante l’apartheid fin dalla sua fondazione. Barghouti evidentemente dimentica di essersi laureato in Israele e di aver preso il suo dottorato di ricerca dell’università di Tel Aviv, che mi sembra un modo un po’ curioso per uno Stato di praticare l’apartheid; senza parlare del fatto che non solo Israele è una democrazia a tutti gli effetti, ma che in Parlamento siedono deputati arabi. Quel che però è più grave e quel che è accaduto agli incontri.
A cosa si riferisce?
Dai resoconti che abbiamo letto sui giornali risulta che quando l’assessore Ara ha fatto cenno alla democrazia israeliana sia stato contestato dalla platea. Il fatto, di per sé molto grave, purtroppo non mi sorprende, dal momento che Barghouti è una figura che più volte ha rilasciato dichiarazioni ostili ad Israele. Aggiungo che nei due incontri non si è fatto cenno al crescente antisemitismo che si registra da mesi, né alla necessità di liberare gli ostaggi ancora prigionieri di Hamas. Niente di tutto questo. Al contrario Barghouti ha continuato a sostenere la sua tesi, che occorre boicottare Israele e tutto il mondo ebraico connesso adesso. Ora, mi sembra evidente che una persona che invita a boicottare il mondo scientifico, accademico e culturale di un paese, non sia la figura più plausibile per sedersi a un tavolo di pace.
Si potrebbe obiettare che nelle università deve essere sempre consentito il confronto e la libera manifestazione del pensiero.
Per statuto dentro l’università è vietato realizzare eventi di natura politica. L’università infatti deve sempre attenersi a una posizione neutrale, e infatti finora, dal 7 ottobre, l’Università di Bologna si è sempre rifiutata di prendere posizione sul conflitto, con il Senato accademico che ha respinto gli appelli di alcuni docenti firmatari di un testo che sosteneva il boicottaggio contro Israele. Con l’iniziativa dell’altro giorno, al contrario, di colpo sono state vanificate e rese deboli tutte le dichiarazioni precedenti. Il danno più grave, infatti, è che i due incontri hanno indebolito gravemente il percorso faticosamente realizzato anche dalla comunità ebraica di Bologna dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, come la marcia per la pace svolta a dicembre.
Quali sono i rapporti fra la comunità ebraica di Bologna e l’amministrazione cittadina?
Sul piano istituzionale sono sempre stati buoni, ma evidentemente negli ultimi mesi è successo qualcosa. Ci sono stati infatti situazioni che hanno incrinato il rapporto fra la nostra comunità e il sindaco.
Può fare degli esempi?
Già all’indomani del 7 ottobre devo registrare con delusione come il sindaco non solo non si sia presentato al presidio che la comunità ha organizzato per esprimere solidarietà e Israele, ma che non abbia mai rilasciato dichiarazioni di solidarietà verso l’attacco subito, né il proprio sostegno per la richiesta di liberazione immediata degli ostaggi che ancora si trovano nelle mani di Hamas. Inoltre, lo scorso 26 gennaio, in occasione del Giorno della memoria, si è verificato l’incidente più grave.
L’intervento di Asher Colombo, docente a Bologna e presidente dell’Istituto Cattaneo, era infatti incentrato sulle nuove forme di antisemitismo dopo il 7 ottobre, sulla base dei risultati di un recente sondaggio realizzato dal suo istituto. Ebbene, a conclusione del suo intervento, metà del consiglio comunale, compresa la giunta, ha ritenuto di non applaudire l’intervento, sindaco compreso. Il fatto è stato notato da tutti e ha causato tensione; come se non bastasse, la domenica successiva, 29 gennaio, poiché i media cittadini già avevano cominciato a interessarsi della questione, la comunità ha accettato di definire con il sindaco una linea comune circa la lettura dei fatti. Da parte nostra si è così dimostrata la responsabilità di evitare una rottura, nonché di esporre il sindaco alle polemiche che altrimenti si sarebbero certamente sviluppate sui giornali. Insomma, da parte nostra abbiamo sempre dimostrato di voler proseguire lungo la strada di un dialogo e di un confronto. A fronte di tutto ciò, il sindaco e il rettore non solo hanno mantenuto gli incontri del 20 febbraio, ma hanno ritenuto che non fosse neppure necessario rispondere alla nostra lettera, con cui in maniera argomentata esponevamo tutto le nostre riserve.
E da parte del PD bolognese?
A leggere le dichiarazioni del PD locale, che sostiene che eventi come quelli organizzati abbiano l’obiettivo di rafforzare il perseguimento dei due Stati per due popoli, io mi domando che tipo di lettura si dà della realtà, dal momento che Barghouti da sempre nega l’esistenza di due Stati, volendo al posto di Israele creare un unico Stato, il che si traduce nella scomparsa di Israele.
C’è dunque un problema fra la comunità ebraica bolognese e la sinistra a Bologna?
Io penso di conoscere abbastanza bene le persone con cui ci confrontiamo, ancora meglio l’amministrazione cittadina, non solo quella attuale ma anche quella passata. Posso dire, ad esempio, che l’ex sindaco Merola mi ha subito contattato, esprimendo la sua solidarietà, e che cinque anni fa impedì un evento organizzato dal comitato per il BDS. Evidentemente ci troviamo, all’interno del partito democratico, davanti a sensibilità diverse. Soprattutto temo sviluppi gravi per il futuro. Assistiamo infatti a un continuo processo di semplificazione. Semplificare certo è facile, e rende più immediata la diffusione dei contenuti del proprio pensiero. Tuttavia nella semplificazione si perdono pezzi importanti della realtà. Se si utilizzano solo alcuni dati, o solo alcuni elementi, e si tacciono altri, si va verso una polarizzazione del confronto. Oggi mi sembra che l’atteggiamento del partito di democratico sia proprio questo: voler ridurre delle questioni complesse a semplici slogan, magari per intercettare un consenso ampio. Si sottovaluta che, in tal modo, un’eccessiva semplificazione produce a cascata effetti negativi: se ci si rivolge a chi non ha strumenti per interpretare la realtà gli si offre una lettura alterata. Ma c’è di peggio.
Cosa?
Registro il fatto che a sinistra si rafforzano le posizioni ostili ad Israele, e che sembra prevalere questa estrema semplificazione della realtà, che porta, tra l’altro, a identificare il governo di Israele con tutti i cittadini israeliani e infine con tutti gli ebrei del mondo. Osservo con preoccupazione certe posizioni assunte non tanto per semplificare, ma per una scelta precisa, quella di voler orientare il dibattito pubblico sulla questione del conflitto israelo-palestinese in una certa direzione. Si tratterebbe in tal caso di una deriva di cui dovremmo certamente preoccuparci.
Al contrario, la destra in consiglio comunale come ha reagito a queste vicende?
Sull’intera vicenda abbiamo registrato un amplissimo supporto della destra locale. L’opposizione è totalmente schierata a favore della nostra comunità, e anche in tale situazione ha contestato il sindaco e i due incontri organizzati. È una situazione paradossale, come comprenderà, perché storicamente gli ebrei italiani si trovano da sempre davanti a un paradosso: sia che si rivolgono a destra, che a sinistra, per loro la coperta è sempre corta. Voglio dire che la tendenza sarebbe quella di scegliere chi, nel ceto politico, si dichiara apertamente antifascista. Probabilmente tanti ebrei in Italia a lungo hanno seguito questo criterio, pur essendo consapevoli che nel mondo della sinistra più spinta Israele non sia mai stato amato, e che a sinistra ci siano molte e troppe contraddizioni.
Quindi ritiene che oggi gli ebrei, non solo a Bologna, trovino maggiore protezione a destra?
Anche qui suggerirei più cautela nel dare dei giudizi. Anche il sostegno della destra è problematico. Non vorrei infatti che tale sostegno possa essere utilizzato da un lato per evitare di rendere il conto del proprio passato, e dall’altro che diventi un mezzo di lotta politica per attaccare la sinistra e l’amministrazione della città. In altre parole, vedo con timore il rischio che gli ebrei, non solo a Bologna, siano strumentalizzati, e che di volta in volta noi si riceva solidarietà solo perché serve per raggiungere altri obiettivi. Certamente il sostegno e l’appoggio è una cosa gradita va sempre accettata; ma al tempo stesso occorre anche saper gestire i rapporti con tutte le forze politiche, perché noi ebrei non possiamo mai permetterci di semplificare la realtà.
In questa situazione la comunità ebraica di Bologna è intervenuta da sola?
Al momento sì, anche se, dopo che abbiamo inviato la lettera al sindaco e al rettore, Noemi Di Segni mi ha poi dato riscontro positivo. Credo infatti che su questioni così centrali le istituzioni più rappresentative dovrebbero essere presenti. Mi riferisco anche all’ambasciata israeliana, a cui pure abbiamo scritto. Ci troviamo infatti qui di fronte non a una questione solo locale, ma a un tema più generale, che ad esempio riguarda il rischio di diffondere le idee del BDS. Senza contare che, lasciando sola la comunità ebraica di Bologna si crea il rischio di metterla ulteriormente in difficoltà.
Cioè?
Se è soltanto la nostra comunità che ogni volta si trova a reggere la responsabilità di opporsi ad una iniziativa del Comune di Bologna, questo non esclude il rischio, ad esempio, che quando in futuro ci troveremo a interloquire con il Comune, ad esempio per partecipare a un bando, o per chiedere l’utilizzo di uno spazio pubblico, come comunemente accaduto in passato, potremmo trovarci di fronte ad una “resistenza”. Invece da questo rischio saremmo preservati laddove la nostra protesta fosse sostenuta anche da soggetti più rappresentativi.
Gli ebrei bolognesi si sentono più soli oggi?
È difficile dare una risposta. Certo è che oggi il clima a Bologna non è più lo stesso del passato. Non posso dire che non ci sentiamo accolti, perché sarebbe estremamente grave, però c’è certamente un clima diverso. È come se da qualche tempo la città ci osservasse, come se fosse cambiato il punto di vista, la percezione. Fino a poco tempo fa i nostri interventi e le nostre iniziative erano generalmente apprezzate per la loro qualità, oggi invece qualcosa è cambiato. Temo non solo a Bologna.
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