Terrorista strage di Monaco
il terrorista palestinese Abu Nidal, autore di numerosi attacchi contro ebrei in Europa

Non ricorrerei al termine destabilizzare. Ma c’era sicuramente una consapevolezza che gli establishment europei occidentali reagissero in un certo modo, perché li si metteva con le spalle al muro, si produceva una pressione attraverso gli attentati terroristici, così si potevano aprire dei canali di dialogo ed intesa. Bisogna chiaramente operare una differenziazione, nel senso che esisteva la strategia politica di Arafat, piuttosto complessa, ed esistevano politiche diverse portate avanti da altre compagini di quella che chiamiamo “galassia palestinese”, una realtà abbastanza variegata come posizioni, ma che sapeva anche trovare una certa sintesi e unità nel confrontarsi col nemico. Nell’interfacciarsi poi con i governi europei, anche qui le visioni politiche erano molteplici, anche da parte europea: i socialdemocratici tedeschi e austriaci, con posizioni a quelle dei socialisti francesi e presenti anche in Italia, in qualche modo pensavano si potesse, attraverso concessioni a livello diplomatico, un riconoscimento in qualche forma dell’OLP, moderare il terrorismo o comunque combatterlo conquistando Arafat in un progetto politico. Il Cancelliere austriaco, anche lui socialista, Kreisky, parlava addirittura di una Ostpolitik per il Medio Oriente, insomma ci sono stati disegni politici anche ambiziosi e piuttosto avanzati.

C’è una relazione tra la nascita del Lodo e tutti questi temi politici tedeschi, mi sembra di capire.

il libro della Lomellini

Ci sono due componenti: c’è la lotta per arginare il terrorismo e quindi parare i colpi, cioè evitare che queste organizzazioni colpiscano sul territorio tedesco, austriaco, italiano, e poi c’è l’aspetto politico emerso anche nelle ultimissime pubblicazioni. Mi viene in mente il libro della Lomellini o gli studi che fa Giordana Terracina, che si concentrano su vari aspetti del cosiddetto Lodo Moro. lo parlerei di lodi al plurale, dei paesi europei, che tenevano conto di diversi aspetti, la ricerca di un’intesa politica, gli interessi energetici, il petrolio, quindi un discorso che va molto oltre il semplice e immediato voler evitare gli attacchi terroristici.

Esiste una traccia negli archivi tedeschi di questi documenti, o sono solo voci?

No, non sono voci. L’ultima declassificazione importante di documenti sul massacro di Monaco che io ricordi è di circa dieci anni fa, parliamo quindi del 2012, furono pubblicati documenti del servizio segreto interno, il Verfassungsschutz, che dimostravano come i servizi avessero un’idea abbastanza precisa di tutti gli scenari di rischio. I servizi informarono gli organi di polizia che Abu Daoud alloggiava a Dortmund, sapevano che si muoveva tra Dortmund e Monaco e organizzava un’operazione importante, ovviamente non sapevano esattamente quale. Addirittura i servizi sapevano che – e questa è stata la cosa più scandalosa per la Germania – che questo Abu Daoud si appoggiava non a estremisti di sinistra o elementi di gruppi vicini alla RAF (Rote Armee Fraktion, gruppo terroristico di estrema sinistra n.d.a), come si riteneva, bensì a una piccola cellula neonazista, che si occupò dell’organizzazione logistica dell’operazione di Monaco.

Quindi il terrorismo palestinese ha avuto agganci sia a destra che a sinistra. Questa è una cosa di cui si parla ancora poco.

Assolutamente sì, anche se credo che non sia un discorso da fare tanto in termini politico-ideologici quanto piuttosto in termini di alleanze, nel senso che l’OLP accettò sempre la collaborazione con gruppi e singoli elementi antisemiti e antisionisti, le porte erano aperte a tutte le variazioni possibili dell’odio e dell’ostilità verso Israele. Soprattutto il servizio segreto dell’OLP operava così. Quindi ci sono state alleanze con gruppi estremisti di sinistra, tutto il sottobosco della lotta armata in Germania Ovest, e anche cellule neonaziste o comunque personaggi molto particolari che si muovevano nel mondo dell’estremismo di destra.

Perché, nonstante le avvisaglie, non è stato fatto molto per evitare la strage?

Le 11 vittime israeliane di Monaco

Nel caso di Monaco 1972 non vedo una volontà di non intervenire. Furono sottovalutati alcuni scenari, almeno questo si può dire carte alla mano, e poi quando ci si è trovati di fronte all’assalto al villaggio olimpio, quindi a operazione in corso, nel modus operandi della polizia si vide quanto i tedeschi fossero impreparati rispetto a un attacco del genere. Fu impedito, e questo mi pare uno degli elementi più critici dell’operazione di Monaco, che Israele intervenisse con proprie forze speciali per liberare gli ostaggi. La Germania voleva mantenere il controllo e la gestione della situazione, poi però quando si intervenne lo si fece in maniera maldestra e accadde ciò che accadde: morirono gli ostaggi, morirono gli attentatori, ne rimasero in vita tre e si pose il problema come affrontare le minacce di ulteriori attentati per ottenerne la liberazione. Oggi sappiamo che Abu Iyad, capo del servizio segreto palestinese, fece organizzare dagli stessi neonazisti che avevano sostenuto la logistica dell’operazione di Monaco, due nuove operazioni per costringere il governo tedesco a scarcerare i tre attentatori superstiti. Ci fu poi un dirottamento di un volo Lufthansa e il governo di Bonn reagì liberando i tre, che furono mandati in Libia. In seguito, si scoprì ciò che già all’epoca dei fatti si sospettava e appariva evidente, e cioè che il governo tedesco, informato dell’imminente dirottamento, non era intervenuto per cedere poi prontamente al ricatto ed evitare ulteriori pressioni e attentati. Fu certamente una politica che almeno in quella fase mostrava una certa pavidità, una grandissima insicurezza, e non riuscì a evitare nemmeno che la Germania finisse ancora nel mirino dei terroristi. Anzi addirittura incoraggiò questo tipo di operazioni.

Collegandomi a quanto ha appena detto, vorrei parlare del Club di Berna. E’ possibile immaginare che più o meno tutti i servizi europei fossero al corrente che si stava preparando qualcosa?

proteste contro la continuazione dei Giochi olimpici di Monaco

Non conosco le carte del Club di Berna in merito all’attentato di Monaco 1972 e quindi non posso esprimermi su questo, ma sicuramente esisteva già all’epoca un intenso scambio di informazioni. Tra l’altro, se non ricordo male, il 1972 è stato l’anno in cui venne inserita anche Israele, il che vuol dire che ci si era organizzati per uno scambio il più possibile effettivo delle informazioni rispetto a queste situazioni di rischio incombente.

E’ ipotizzabile che ci sia stata, in maniera negativa, una interrelazione di informazioni che poi hanno portato alla diffusione dei vari Lodi a livello europeo. Potremmo azzardare una situazione di questo tipo?

I lodi nacquero a livello nazionale. Ne ho scritto negli ultimi anni, osservando quello che è emerso nei vari paesi, mettiamoci dentro anche la Svizzera, il comportamento francese, eccetera. Ciò che mi pare evidente è che ogni paese ha fatto da sé, però poi se li andiamo a confrontare questi comportamenti e gli accordi stretti sono tutti molto simili, il che a mio avviso non esclude l’ipotesi di un qualche raccordo o coordinamento, a meno che non vogliamo pensare che ogni paese abbia mandato i terroristi in un paese vicino fregandosene delle conseguenze: questo io tenderei a escluderlo.

Proteste Sinagoga
Gli ebrei di Roma protestano davanti alla Sinagoga di Roma, teatro di un attentato, dieci anni dopo la strage di Monaco.

Quindi deve essere esistita una forma di “politica quadro”, di indicazioni generali per cercare di limitare i danni. Devo dire che rispetto a questo specifico aspetto siamo ancora allo stadio delle supposizioni, qualcosa che non mi sento di poter affermare con assoluta certezza, perché è un livello di cui abbiamo ancora conoscenze insufficienti: con i documenti possiamo descrivere e studiare gli accordi nazionali, per quanto riguarda i risvolti sovranazionali, questo è un livello ancora piuttosto oscuro.

Dieci anni esatti dopo Monaco c’è stato l’attentato alla Sinagoga di Roma. Verità e giustizia tardano ad arrivare…

È un terreno sul quale c’è ancora molto da lavorare, verranno fuori ancora molte cose nei prossimi anni, se si avrà il coraggio di affrontare questi studi in profondità e senza preconcetti.

Gianluca Falanga La diplomazia oscuraTra le ultime opere di Gianluca Falanga:

Il ministro della Paranoia. Storia della Stasi, Roma 2012;

Spie dall’est. L’Italia nelle carte segrete della Stasi, Roma 2014;

Storia di un diplomatico. Luca Pietromarchi al Regio Ministero degli Affari Esteri, Roma 2018;

Non si parla mai dei crimini del comunismo, Roma 2022;

La diplomazia oscura. Servizi segreti e terrorismo nella Guerra Fredda, Roma 2021. partendo da una vasta documentazione internazionale, ricostruisce i rapporti tra l’eversione europea, il terrorismo arabo palestinese e i servizi segreti.

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