Purim 5783: alla ricerca dell’unità

Cosa ci può insegnare la storia di Purim, in un periodo di grandi divsioni in Israele?

rappresentazione rinascimentale di Purim

In un’epoca in cui la divisione e la controversia sembrano dominare la scena politica e sociale in Israele, la ricerca dell’unità può sembrare un obiettivo lontano e difficile da raggiungere. Tuttavia, in questo contesto di frammentazione, la costruzione di un senso di unità può essere più importante che mai.

La festa di Purim esplora l’importanza dell’unità nel nostro popolo e fornisce alcune riflessioni su come possiamo lavorare insieme per superare le divisioni e costruire un futuro migliore per tutti.

“Allora Hamàn disse al re Assuero: «Vi è un popolo segregato e anche disseminato fra i popoli di tutte le province del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo e che non osserva le leggi del re; non conviene quindi che il re lo tolleri.” (Esther 3:8).

Haman era ben consapevole del tallone d’Achille della nazione ebraica, della divisione che così spesso caratterizza la nostra comunità. In quanto piccola nazione, priva (a quel tempo) di una patria, tale unità è molto più cruciale per la nostra sopravvivenza che per quella di altre nazioni. Quando siamo divisi, siamo deboli; e quando siamo deboli, siamo vulnerabili. Haman potette così chiedere che,

“Se così piace al re, si ordini che esso sia distrutto; io farò passare diecimila talenti d’argento in mano agli amministratori del re, perché siano versati nel tesoro reale» (Esther 3:9).

la meghillah

Purim celebra l’unione del popolo ebraico (purtroppo, spesso ci vogliono terribili minacce alla nostra sopravvivenza per riunirci) prima nella preghiera, nel digiuno e nel pentimento, come leggiamo in:

«Va’, raduna tutti gli Yehudim che si trovano a Susa: digiunate per me, state senza mangiare e senza bere per tre giorni, notte e giorno; anch’io con le ancelle digiunerò nello stesso modo; dopo entrerò dal re, sebbene ciò sia contro la legge e, se dovrò perire, perirò!» (Esther 4:16)

E poi nella celebrazione:

“Mardocheo scrisse questi avvenimenti e mandò lettere a tutti gli Yehudim che erano in tutte le province del re Assuero, vicini e lontani, per stabilire che ogni anno celebrassero il quattordici e il quindici del mese di Adàr, perché giorni nei quali gli Yehudim ebbero tregua dagli attacchi dei nemici e il mese in cui il loro dolore era stato mutato in gioia, il loro lutto in festa, e perché facessero di questi giorni giorni di banchetto e di gioia, nei quali si mandassero regali scambievolmente e si facessero doni ai poveri”. (Esther 9:20,22).

Purim a Gerusalemme (Getty Images)

Se la nostra quasi distruzione era radicata nella disunione, la nostra celebrazione deve essere radicata nell’unione di tutti gli ebrei, specialmente ricchi e poveri. Se non riusciamo a essere all’altezza degli obiettivi di Purim, ci troviamo faccia a faccia con Tisha B’Av, il giorno in cui soffriamo le conseguenze della nostra disunione. Per gli Ashkenaziti, questo legame è sottolineato dall’usanza di alternare la melodia allegra della Meghillà con quella malinconica di Eichà durante tutta la lettura.

La Meghillà, in grande dettaglio, delinea lo sviluppo della festa di Purim, che culmina con:

“Gli Yehudim stabilirono e presero per sé, per la loro stirpe e per quanti si sarebbero aggiunti a loro, l’impegno inviolabile di celebrare ogni anno quei due giorni, secondo le disposizioni di quello scritto e alla data fissata”. (Esther 9:27).

Meghillah di origine medievale

Una lettura semplice della Meghillà ci dice che Purim è stato ordinato come una festa universale di due giorni, celebrata dagli ebrei ovunque il 14 e il 15 di Adar.

Eppure, come tutti sappiamo, non è così che si celebra Purim oggi. Piuttosto, in pratica, la stragrande maggioranza del mondo ebraico celebra Purim il 14 di Adar; e a Gerusalemme, è il giorno dopo che si celebra Purim. Questo è uno sviluppo piuttosto strano.

Perché, in una festa che celebra l’unità, dovremmo avere giorni distinti per festeggiare? Sebbene possiamo aggiungere un giorno in più di Yom Tov nella diaspora, è un giorno in più, non separato. Ancora più sorprendente è il fatto che è proprio Gerusalemme a celebrare l’indomani. Sulla base degli eventi della Meghillà, il 15 dovrebbe essere una festa separata solo per coloro che risiedono a Shushan (dove, a causa di ulteriori combattimenti, le persone non hanno potuto celebrare fino al 15 di Adar). Estendere tale trattamento a tutte le città murate che esistevano al tempo di Purim sarebbe stato strano, ma almeno radicato nella realtà storica. Ma Gerusalemme! Aveva poco a che fare con gli eventi di Purim, ed era una città senza mura al tempo della storia di Purim. Eppure, per dare onore alla terra d’Israele, i rabbini decretarono che tutte quelle città fortificate dal tempo di Giosuè celebrassero Purim il 15 di Adar.

Purim a Bnei Brak. (Getty Images)

Apparentemente i rabbini volevano spostare il fulcro di Purim lontano dalla Persia e verso Gerusalemme. La salvezza in esilio significava poco per i nostri Saggi. Tale salvezza è di natura transitoria. Quando la storia finì, erano ancora servi di Achashverosh. È solo quando la salvezza avviene nella terra di Israele, la dimora permanente del popolo ebraico, che possiamo cantare le lodi dell’Hallel.

Ancora di più, Purim riconosce la centralità di Gerusalemme. Quasi tutte le città in Israele festeggiano il 14; è specificamente Gerusalemme che celebra un giorno dopo.

Se Purim è la festa dell’unità ebraica, allora deve essere incentrata su Gerusalemme, come il salmo che enfatizza il fatto che:

“Gerusalemme è costruita come città salda e compatta.” (Salmo 122, 3).

Purim a Gerusalemme

Gerusalemme è la capitale del popolo ebraico, unendo tutti gli ebrei nella preghiera, nella speranza e nel desiderio di pace.

I nostri Saggi vedevano l’eredità duratura di Purim come una riaffermazione del patto sinaitico:

“Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore.” (Isaia 2, 3).

È la Torah che deve unire tutti gli ebrei, passati, presenti e futuri. A Shushan, molto poco è cambiato a causa di Purim. Un decreto malvagio fu scongiurato e gli ebrei continuarono a pagare le tasse:

“Il re Assuero impose un tributo al continente e alle isole del mare”.  (Esther10:1).

Tuttavia, alla fine, Purim fu il primo seme nel ritorno a Sion, nella ricostruzione del secondo Tempio e nello sviluppo della Legge Orale. Purim può essere avvenuto in Persia, ma dura ancora grazie a Gerusalemme.

Maschere di PurimÈ grazie alla memoria di questi avventimenti, che noi, il popolo ebraico, possiamo superare le nostre differenze e lavorare insieme per costruire una società giusta secondo i nostri valori millennari. Che possiamo trovare la forza e il coraggio di ascoltare le voci degli altri, di cercare la comprensione e di mostrare rispetto per queste voci, da qualsiai lato esse vengano. Che possiamo camminare insieme sulla strada dell’unità, condividendo la nostra diversità come una fonte di ricchezza e di benedizione.

Purim Sameah!

Una risposta

  1. Articolo molto interessante, ben scritto con prosa esperta ed erudita, profondo nelle sue riflessioni e suggestivo nelle prospettive che disegna in un futuro vicino, ispirato dalla consueta e solida religiosità propria di un Rav.
    Propugnare oggi una unità e compattezza tanto forti e costanti per il popolo ebraico quanto indispensabili per fronteggiare i continui ed eterogenei problemi che lo riguardano è cosa giusta ed utile, essenziale per non essere travolti da una quotidianità di difficoltà sempre aggressivamente incombenti. L’augurio e la esortazione sono che chi ne ha titolo e responsabilità eserciti i propri compiti in nome della unità del popolo di Israele, a tutela di un indispensabile benessere quotidiano e futuro.

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