Attore, regista, autore, produttore, eclettico uomo di spettacolo, ebreo. Luca Barbareschi racconta a Riflessi un po’ di sé e non le manda a dire a nessuno.
Il teatro è chiuso, certo rimarrà chiuso. Ma il nostro è un caso specifico. Da sette anni, da quando ho comprato questo teatro si è deciso di farmi la guerra. Pur avendo investito 15 milioni tra restauro e acquisto e averne fatto un polo di eccellenza sono riusciti a far sì che l’Eliseo sia destinato a non aprire perché purtroppo, senza i fondi. O io ho inventato il moto perpetuo, cioè un teatro che vive senza sovvenzione, o gli altri stanno rubando, perché il Piccolo, che è il mio equivalente prende 10 milioni di euro l’anno, io 600.000 euro, lei capisce che c’è qualcosa che non torna.
E quindi?
E quindi, ora con il distanziamento, il teatro non potrà mai funzionare, anche andando su quel piccolo incasso, come posso aprire il teatro? Il teatro ha 762 posti, io posso far entrare 150. spettatori. E’ un cambio epocale che nessuno sta capendo, tanto meno la politica. Perché in questi due anni di pandemia la gente si è abituata a una grande qualità visiva e narrativa, con Netflix, Amazon, per cui è impossibile che tornino a teatro, a meno di trovare dei poli di eccellenza e i poli di eccellenza prevedono investimenti. Il teatro di Stoccarda prende 135 milioni all’anno. Un solo teatro. Vogliamo essere europei o vogliamo fare il Burundi? Se facciamo il Burundi, chi ha già la pancia piena finge di fare teatro come molti teatranti che hanno soldi per fare cose scarse.
Ma lei dirige l’Eliseo…
L’Eliseo è il simbolo di Roma, il teatro più importante italiano, ha fatto cent’anni qualche anno fa, è la storia della cultura e del teatro italiano. Se il ministro attuale non ha intenzione di finanziarlo, io cosa posso fare?
Lei è una figura artisticamente eclettica, anche molto controversa, per le polemiche che spesso la riguardano. E le sue interviste fanno sempre un certo rumore. Insomma, questo essere bastian contrario la avvicina a un certo spirito ebraico. Cosa la spinge a cercare sempre il vento contrario?
Io sono ebreo. L’antisemitismo non è solo una questione di razza. La razza… noi siamo una tradizione, siamo una storia, siamo 5700 e passa anni di storia. Cosa c’è in questa storia? C’è l’assenza di schiavitù. Non a caso a Pesach diciamo “schiavi fummo”. Il mio grande mentore e insegnante, il rabbino Sacks, che era stato il rabbino capo di Londra, con cui ho avuto il piacere di poter studiare, raccontava un episodio molto divertente. Quando lo fecero baronetto, si creò un grande problema perché noi non ci inchiniamo davanti a nessuno. E allora Johnatan Sacks e il cerimoniale decisero di fare una specie di movimento con la testa e pare che la regina abbia detto: “Why this night is different from the others?” (trad.” Perché questa sera è diversa dalle altre?”). Con orgoglio, lo dico all’infinito, noi ebrei abbiamo un grande senso dello humor che ci ha salvato, però è anche il fatto che noi cresciamo con delle regole ermeneutiche molto semplici, a una domanda intelligente risponde sempre con un’altra domanda per evitare che la semplificazione o peggio la stupidità della tua risposta offenda l’intelligenza del tuo interlocutore. Per cui quando cresci con Shammai e Hillel e ti abitui a pensare che di ogni pensiero c’è l’opposto ma forse c’è anche una terza idea, cresce una forma diversa dal dogmatismo, destra-sinistra, Milan-Inter, ma posso farti una domanda? Già mia madre mi ha cresciuto così e mio padre anche.
Però la mentalità opposta è difficile, perché è una mentalità dogmatica, anche confusa dal punto di vista spirituale. Qualcuno mi deve spiegare cosa c’entra l’uovo di Pasqua, il coniglio, con la resurrezione. È proprio una forma mentis diversa. Io non sono settario, non ho pregiudizi, io ho invitato a recitare con me gente che ha detto di me delle cose che dovrebbe essere impiccata per le cose che ha detto.
Davvero?
Tra cinque anni scriverò un libro delle cose che non ho mai scritto. Ho dell’anedottica che è infinita, lo sciocchezzario della malafede dei miei colleghi, gente che ha fatto i miei film, che ha lavorato con me, vuoi di Polanski, vuoi da Mennea a Olivetti. Poi ho detto: “spendi una parola a mio favore?” “Ma sai, è imbarazzante per me, politicamente siamo diversi”. No, tu sei un pavido, io sono un uomo libero. Ma è un prezzo altissimo che si paga a essere liberi.
Com’è un uomo libero?
7 risposte
Interessante l’intervista a Luca Barbareschi, un uomo coraggioso , colto e vivace, forse inviso a tanti, ma molto amato dagli ebrei di Roma.
Molto interessante.
Per capire la battuta della regina (che una nota storiella ebraica anglosassone) aiuta sapere che
Night – notte si pronuncia uguale a
Knight- cavaliere, baronetto.
Un’intervista senza dubbio stimolante, che induce molte riflessioni!
Ho cambiato completamente giudizio su Barbareschi dopo questo articolo!
Il suo essere Ebreo mi ha riconciliata con lui in nome e nel bene dei due grandi amici di mio padre Magno e Felice Lombroso che dovettero fuggire dopo le leggi razziali del ’38.
Da allora….. ogni Ebreo è mio fratello.
La pluriforme creatività culturale, nel mondo ebraico, è prassi storicamente, pedagogicamente e socialmente consolidata. E’ il cuore stesso della sua identità. Un popolo che non si è mai arreso di fronte ad immotivate e continue avversioni ma… ha sempre, tenacemente, continuato a cercare oltre l’orizzonte storico avverso, la vitale e profonda motivazione della sua missione e della sua esistenza.
Dove inscrivere questa tipologica solidità di alterità????
Su due pilatri, credo: testimonianza della presenza amorevole di Dio nell’umana avventura , e …. impegno concreto nella realtà, nella diversità, perché la creazione stessa e le vicende umane risplendano e cantino il Suo imperituro amore.
È sicuramente un uomo colto e affascinante , mi piace come recita e apprezzo le sue scelte ..ma è ebreo solo perché lo dice o è vero ?
Ammiro la schiettezza di Luca Barbareschi. Condivido il suo pensiero, avendo pure io avuto modo conoscere Baharier. Non ci si inchina mai davani ai potenti. Mordechai insegna. Ma la regina Elisabetta, donna intelligente, con quella sua espressione mostra di aver compreso. Non è questione di razza (termine che non è applicabile al genere umano), ma di civiltà, di cultura, di spiritualità. Quando si allena il cervello lo si capisce.