Il cacciatore di nazisti
Da Marzabotto a S. Anna di Stazzema, Marco De Paolis per anni ha tenacemente cercato i responsabili delle stragi naziste, ottenendo decine di condanne: a Riflessi rivela successi, difficoltà e qualche amarezza della sua carriera
Palazzo Cesi è incastonato in un piccolo slargo nascosto tra la Corte di Cassazione, appena oltre Tevere, piazza Navona e Palazzo Madama; è in questo edificio del ‘500 che risiedono gli uffici della giustizia militare, tra cui la procura generale, guidata dal 2018 da Marco De Paolis.
De Paolis, 61 anni, romano, impersona il modello di civil servant che ogni cittadino ha in testa: discreto, riflessivo, moderato nella forma quanto deciso nell’azione: è grazie alla sua tenacia, infatti, che l’Italia è riuscita a istruire decine di processi contro i militari tedeschi accusati di crimini nazisti durante l’ultima guerra, e a ottenerne la condanna. Anche la Germania, con l’onorificenza al merito assegnata lo scorso maggio, ha riconosciuto a De Paolis l’impegno straordinario a fare chiarezza in uno dei periodi più tragici della guerra.*
Dott. De Paolis, può descriverci in breve come sono nati i suoi processi contro i criminali nazisti?
Quali sono le difficoltà di processi che si svolgono a distanza di oltre mezzo secolo?
Innanzitutto c’è la complessità dei fatti da accertare, perché si tratta spesso di stragi compiute a danno di decine o centinaia di civili, come quelle di Marzabotto, o di Sant’Anna di Stazzema. Poi c’è la scarsità delle prove testimoniali, perché i testimoni sopravvissuti sono pochi, e anche la loro memoria risente del tempo. A ciò si aggiunge la difficoltà di ricostruire alcuni aspetti tecnici delle vicende indagate, come ad esempio l’esatta composizione dei reparti militari e delle linee di comando, essenziale per individuare le responsabilità degli autori delle stragi. Tuttavia le tracce lasciate sono per fortuna numerose, e alla fine si è potuta accertare con sufficiente chiarezza la responsabilità di molti eccidi compiuti in Italia tra il 1943 e il 1945. In questa ricerca, ho ricevuto spesso il sostegno di associazioni dei familiari delle vittime, degli enti locali interessati e delle autorità giudiziarie tedesche.
E da parte delle nostre istituzioni?
(leggi la risposta a pag. 2)