Ritrovarsi, senza perdersi
Come si può festeggiare Chanukkà in un momento così difficile per Israele e per ogni ebreo? Nella parole di Rav Michael Ascoli una possibile risposta
“E… comunque fra poco è Chanukkà, scriveresti qualcosa?”
Potenza di un calendario stabilito, le circostanze possono cambiare, le date delle feste no. E le regole non cambiano.
2 – legge del contrappasso. Tante sono le cose di cui siamo stati, come collettività, spettatori e rispetto alle quali, forse, non siamo stati abbastanza sensibili. Immediato è stato il recupero di quella fratellanza e di quella coesione che fino al 6 ottobre avevamo in molti dato come finita per sempre. Con quanta facilità ci siamo fatti trasportare nell’accusarci l’un l’altro come “traditore”, “nemico”, se non peggio? Ci è voluto uno schiaffo immane per smetterla. Ma in tutto questo tempo, con quanta indifferenza o semplice “abitudine” abbiamo considerato “normale” che intorno al confine con Gaza o con il Libano di tanto in tanto arrivasse un missile? Abbiamo infine dovuto percepirlo sulla pelle di tutti. Così dicasi per la prigionia di Avera Menghistu: a me e credo non solo a me riesce impossibile immaginare l’angoscia di un caro rapito da oltre 9 anni. Oggi sentiamo tutti l’agonia degli ostaggi. Potremmo andare oltre: la società arabo-israeliana ha implorato (e continua a implorare) che lo stato faccia qualcosa per la criminalità che la attanaglia. Non lo abbiamo sentito fino in fondo come un problema “nostro”, oggi subiamo tutti l’incubo della violenza. Anche in politica estera potremmo avere da imparare: Israele ha evitato di supportare l’Ucraina per non inimicarsi la Russia, salvo poi prendere da questa sonori schiaffoni (diplomatici). Impareremo che la “realpolitik” non paga e che comunque ad agire moralmente siamo chiamati e non ad erigerci a super-esperti di politica internazionale? E così via. Sono riflessioni che dovremo fare per cercare di essere in futuro una società migliore, nella quale spicchino solo quegli stupendi elementi di coesione, generosità, resilienza e capacità di organizzazione spontanea che stiamo dimostrando dal 7 ottobre.
…comunque ore è chanukkà…Mi sembra che quest’anno in modo particolare ci sia da recuperare il significato originale e semplice della festa. Quella piccola ampollina d’olio che ha gradualmente ridato luce a tutto, dalla quale si è potuto ripartire. Quella consapevolezza di essere piccoli, quasi un rimasuglio (nella ‘amidà di tutti i giorni chiediamo che il Signore abbia misericordia degli “scampati del Tuo popolo”), che pure ha in sé la capacità di dare luce a tutto quanto ci è intorno (una semplice canzoncina da bambini ci ricorda che “ognuno è un piccolo lume, ma tutti insieme siamo una luce enorme”), una capacità che viene assieme a quella di stupirsi giorno dopo giorno per il fatto che l’olio non è finito, di percepire il miracolo che diventa più grande giorno dopo giorno, senza dare nulla per scontato. Non ci sottraiamo dal lodare il Signore per la vittoria militare, a Chanukkà recitiamo l’Hallèl completo, ma l’accento è posto su quella timida luce che così tanto ci affanniamo ad accendere, rispetto alla quale ci adoperiamo con una generosità che non ha pari in nessuna altra mitzwà, sforzandoci tutti di essere “mehadderìn min hamehadderìn”, di andare cioè molto oltre il minimo indispensabile.
Ricordo che da bambini, a scuola, ci insegnavano che il simbolo di Chanukkà è l’olio perché l’olio ha la peculiarità di non mescolarsi con l’acqua. In un momento in cui nel mondo si assiste a un rigurgito di antisemitismo cruento, ci vuole anche la capacità di ritrovare la propria identità all’interno della collettività ebraica, della propria comunità. Affinché si possa esser capaci di venire a contatto con l’esterno, ma senza perdersi.