Opporsi alla conversione
Susanna Limentani, dopo un’accurata ricerca di archivio, ha riportato alla luce la storia di Pacifica Di Castro, ebrea romana che nel XVII secolo si oppose alla conversione forzata, pagando un prezzo tragico
Susana, come sei arrivata a scrivere il libro?
Quali passi hai seguito per ricostruire la vicenda?
Ho approfondito il documento, cercando di studiare i luoghi in cui Pacifica fu condotta e reclusa: la Casa dei Catecumeni al rione Monti, il Conservatorio della Clemenza nel quale ebbero accesso più “mammane” per controllare se fosse rimasta in stato interessante. Fu anche vittima dell’“offerta del ventre pregnante”: le donne, segregate nove mesi, erano costrette a destinare alla Chiesa il neonato generato da una relazione con un cattolico o, nel caso di Pacifica, dalla violenza subita dall’ ex marito apostata. Fu infine condotta alla Casa dei Sostituti Fiscali, ultimo luogo documentato. Successivamente ho effettuato ulteriori ricerche. Dopo aver visionato tantissimi documenti che mi hanno rapita completamente e letto tante storie difficili, ho trovato una seconda copia del Memoriale. In questo documento ho scoperto che fu data facoltà̀ al Cardinal Vicario di procedere contro il marito neofito. Ho visitato anche l’Archivio Storico del Vicariato di Roma, in cui è custodito l’Archivio della Pia Casa dei Catecumeni e Neofiti, e nel libro dei battesimi ho scoperto tantissime informazioni sulla famiglia di Pacifica e Samuel di Castro.
Come vedi e vivi lo spazio del ghetto oggi?
Sicuramente la percezione che avevo del ghetto è totalmente cambiata, nessuno mi aveva mai raccontato esattamente come vissero gli ebrei per 3 secoli, chiusi nel claustro, strappati dalle loro città, dalle loro case e dai loro lavori. Fortunatamente avevano la Comunità che li ha tenuti coesi, che li ha supportati sia sul piano spirituale che sul piano materiale. Si aiutavano tra loro creando confraternite per sostenere i più bisognosi. Nonostante fossero chiusi nel ghetto, erano molto informati sulle nuove leggi ed erano quindi molto combattivi contro i soprusi perpetrati contro di essi. Adesso che i ghetti non esistono più, l’area che prima l’ospitava è diventata una delle zone più belle del centro di Roma, con la sua sinagoga imponente, come se fosse ad affermare che nonostante tutto quello che hanno subito, gli ebrei sono ancora parte integrante della città.
Questa storia cosa ti ha lasciato?
Il Memoriale ha avuto un grande impatto su di me, perché mi ha colpita la tenacia di questa donna, e il suo attaccamento all’ebraismo. Questi sono i motivi che mi hanno spinto a studiare questa dolorosa storia di violenza su una donna molto determinata e forte. Fino a che le fonti mi hanno permesso di indagare, Pacifica non si è mai piegata al giogo del marito despota e della Chiesa. Questa vicenda mi ha lasciato tanta amarezza ed anche la consapevolezza, che gli ebrei durante tutta la loro lunga storia, sono sempre stati perseguitati solo a causa della loro fede. Per questa ragione, ho sentito la necessità di rendere nota e testimoniare quanto accaduto. La drammatica vita di Pacifica Di Castro, è emblematica della situazione in cui furono costretti a vivere gli ebrei di Roma, tra tante sofferenze difficoltà e soprusi, chiusi nel claustro per 3 secoli pur di non abiurare alla propria religione.
2 risposte
Grazie. Leggo sempre con attenzione e piacere gli articoli pubblicati mai superficiali e scontati. Kol ha chavod!
Complimenti a Susanna!
Un libro importante che fa onore a Pacifica Di Castro e contribuisce alla lotta contro antisemitismo e ingiustizie. Ma sopratutto una bellissima storia di chi si è battuta per la sua identità e la sua fede.
Possa risvegliare le coscienze di tanti ebrei distanti.