L’attentato alla Sinagoga e gli anni sospesi della memoria
Eliana Pavoncello spiega le ragioni del nostro impegno per ricordare l’attentato del 9 ottobre
Quello che è successo il 9 ottobre 1982 è noto, almeno a chi era già giovane o adulto all’epoca. Quel giorno, 40 feriti e una famiglia distrutta sono diventati il simbolo del più grave atto contro gli ebrei italiani dalla fine della guerra.
Sembra impossibile, ma sono già passati più di 14.200 giorni. 14.200 giorni in cui la famiglia Gaj Taché ha dovuto convivere con il lutto e tutti noi con le ferite fisiche e psichiche, gli incubi, la paura, sì la paura anche delle cose più insignificanti, perché è nella banalità di un giorno qualunque che siamo diventati nostro malgrado quello che siamo diventati. E tutto questo cercando di iniziare una vita, o reinventarla, o adattarla alle nuove, peggiori condizioni, affrontando nel contempo le sfide e i problemi di un’esistenza normale.
È qui, in questi 39 anni sospesi, che noi feriti siamo ridiventati persone, chiusi nell’ombra del nostro quotidiano, salvo essere chiamati, ma solo all’occorrenza, per tornare a essere simbolo da presentare durante le visite della personalità o del politico di turno alla nostra Comunità.
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