Il 9 ottobre? Alla base c’è un intrico di patti riservati e segreti di Stato
Miguel Gotor, storico,ci aiuta a delineare lo scenario intarnazionale che portò all’attentato al Tempio maggiore del 9 ottobre 1982
Professor Gotor, a ottobre, come ogni anno, noi ebrei romani ricorderemo l’attentato al tempio maggiore, opera di terroristi palestinesi, che provocarono la morte di 1 bambino e il ferimento di circa 40 persone. Riflessi e Menorah intendono dare voce alle vittime. Vorrei cominciare con un’osservazione generale. Il nostro paese sembra infatti non avere mai fatto i conti davvero col passato. Lei si è interessato ai silenzi e alle omissioni degli ultimi 40 anni, in particolare in riferimento al sequestro Moro (“Il memoriale della Repubblica”, Einaudi, 2011). Quali sono a suo avviso le ragioni storiche e culturali di tante reticenze?
Non so se questo sia una specificità italiana. Francamente non credo che spetti alla ricerca storica questa attività “regolativa” implicita nell’espressione “fare i conti con il proprio passato” che ha un retrogusto di tipo giustizialista che non mi appartiene. Si tratta, infatti, di un lento processo culturale e civile che non avviene mai una volta per tutte ma si costruisce mediante un impegno quotidiano che deve vedere diversi soggetti sensibilizzati: la famiglia, la scuola, la società civile, le diverse agenzie formatrici dell’opinione pubblica – dalla carta stampata, alla televisione, a internet, al mondo sportivo e artistico – e che coinvolge anche, ma non solo, il senso comune storiografico e l’uso pubblico della storia. L’elaborazione di un trauma richiede sempre tempo e un doloroso lavoro di scavo che non consente reticenze né deresponsabilizzazioni. È bene che ciascuno faccia la sua parte senza evocare supplenze.
Nella vicenda dell’attentato del 1982 giocò anche il ruolo dell’Italia nelle relazioni internazionali. Nella stagione della strategia della tensione (tra gli anni ’70 e ’80), il nostro paese suo malgrado è stato interessato anche alle vicende legate al Medio Oriente. Chi studia quel periodo, più in generale, parla ormai di “lodo Moro”.
Ci può spiegare a cosa ci si riferisce?
La sostanza di questo lodo prevedeva, a tutela del supremo interesse nazionale, la salvaguardia del territorio italiano da attentati di matrice palestinese in cambio di un doppio salvacondotto: di tipo giudiziario, nel caso in cui fossero stati arrestati in Italia dei militanti della causa palestinese nell’atto di compiere attentati contro obiettivi israeliani, e di tipo commerciale, consentendo il transito nella penisola di armi provenienti dal nord Europa e la conservazione sul territorio nazionale di depositi di armi per conto dei palestinesi. Il tutto si è svolto sul filo teso nell’antro della ragion di Stato, un luogo, che è anche una dimensione, in cui Stato e anti-stato, poteri formali e poteri informali possono incontrarsi.
Chi fu preposto ad assicurare l’esecuzione di questo patto segreto?
Ad assicurare la prima funzione del lodo si prestarono selezionati vertici della magistratura, in deroga al principio costituzionalmente garantito dell’obbligatorietà dell’azione penale, all’applicazione della seconda funzione si adoperarono indifferentemente sia organizzazioni neo-fasciste sia le sigle del cosiddetto “Partito armato”, vale a dire le Brigate rosse e l’area di Autonomia operaia.
Per motivare questa dimensione “commerciale” degli accordi si sono mescolati, come spesso capita nella vita degli uomini, interessi di tipo economico e militare (le armi, naturalmente, servono a chi fa la lotta armata) con convincimenti ideologici e valoriali a favore della causa palestinese. I vertici dei servizi italiani, a cui spettava la gestione del lodo d’intelligence, erano, ovviamente, a conoscenza di queste attività di facilitazione, di custodia e di protezione che hanno consentito l’effettiva applicazione e il buon funzionamento degli accordi con i palestinesi, ma anche la possibilità di controllare la qualità e l’intensità degli armamenti introdotti e presenti sul territorio italiano. Ciò contribuisce a spiegare, per quale ragione essa sia stata coperta dal segreto di Stato fino al 2014.
Un’ultima domanda. Questo patto segreto di cui ci ha parlato può essere stato causa dell’attentato del 9 ottobre?
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