La necessità di custodire la memoria, e raccontare la storia
A Roma prima presentazione del libro “Una ferita italiana?”, che ricostruisce i fatti e le interpretazioni sull’attentato al Tempio maggiore del 1982
Si è svolta il 22 novembre scorso presso la Fondazione Ernesta Besso, a Roma, la presentazione del volume “Una ferita italiana? 9 ottobre 1982: attentato alla sinagoga di Roma” (Belforte editore).
La serata è stata introdotta dalla presidente della fondazione, Caterina De Mata, cui sono seguiti i saluti di Saul Meghnagi (Ucei), d Ugo Di Nola, presidente dell’associazione “OR” che ha contribuito a realizzare la serata, e da Smadar Schapira, addetta agli affari pubblici dell’Ambasciata di Israele, che ha ricordato come Israele abbia deciso di mettere a disposizione delle autorità, della comunità e degli studiosi le carte d’archivio in proprio possesso riguardanti l’attentato, da cui emerge la preoccupazione delle autorità israeliane in quel clima di pregiudizio e violenza che serpeggiava in tutta Europa. Sono anche intervenuti due dirigenti degli Interni, impegnati nell’antiterrorismo.
La parola è poi passata ai relatori.
Anna Foa ha evidenziato come il volume realizzi un costante “dialogo” tra i testimoni di oggi e quelli di ieri, e tra coloro che a vario titolo – feriti, testimoni, storici – sono in grado di raccontare ei interpretare quella tragica giornata.
Gianni Zarfati ha poi ricordato quella giornata, dall’individuazione di un gruppo sospetto di 5 persone subito dileguate, fino al loro ritorno per realizzare l’attentato, cosa che spinse la comunità a dotarsi di una struttura più organizzata e stabile di tutela, in piena collaborazione con le autorità di publica sicurezza.
Gli autori, infine, hanno sottolineato le origini del libro, e la volontà di realizzare un volume che desse voce ai tanti protagonisti di allora, in una prospettiva storica che evidenziasse come la ferita del 9 ottobre 1982 abbia riguardato, oltre al mondo ebraico italiano, l’intera nazione.
Una risposta
Un episodio esecrando e terribile e che ancor oggi deve far riflettere. L’autocritica di Fassino è un passo in avanti, ma in certa sinistra continuano a permanere gli stereotipi antisionisti i quali riflettono un antisemitismo non molto velato.
Peccato che nell’articolo non si parli del libro “Il silenzio che urla” di Gadiel Taché, un testo importantissimo da far leggere in tutte le scuole.