Ha Bait: parlano i candidati-2
Riflessi presenta i candidati della lista Ha Bait. Oggi conosciamo Giordana Terracina, Alberto Di Consiglio (Baby) e Alessandro Gai
Giordana Terracina
Giordana, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Con un figlio iscritto al secondo anno in scienze umane presso il liceo ebraico Renzo Levi e con il mio volontariato presso la Comunità in tema di sicurezza ho ritenuto che la scelta di candidarmi potesse rappresentare un ulteriore passo per mettere le mie competenze al servizio dei miei correligionari nel limite delle mie possibilità. Un esempio per mio figlio nella direzione del mettersi al servizio del prossimo in pieno spirito ebraico.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Oltre al volontariato in materia di sicurezza ho avuto modo di collaborare con la Comunità per le mie competenze come studiosa della Shoah, attivandomi oltre che in alcune mostre presso la Fondazione Museo della Shoah di Roma anche con progetti inerenti alle stesse tematiche.
Secondo te di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Mi piace immaginare la mia Comunità più unita, più solidale e soprattutto più accogliente verso i propri iscritti e verso il contesto sociale in cui si sviluppa.
Una volta eletta quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
È difficile scegliere con un programma così ben articolato e ponderato anche perché ogni punto racchiude un po’ tutti gli altri. Non ci può essere accoglienza se non c’è cultura e rapporti con la politica nazionale, così come non ci può essere informazione o inclusione e scuola. Davvero non saprei però certo forse le mie competenze mi portano più verso la cultura e la politica.
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Alberto Di Consiglio
Alberto, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Non avrei mai pensato di candidarmi, ma negli ultimi anni ho assistito ad un crescendo di divisioni, intolleranza e a una gestione comunitaria verticistica. I social hanno ampliato un fenomeno che covava da molto tempo, mi sembra che nessuno sia intervenuto in maniera adeguata. Chi aveva gli strumenti per intervenire si è defilato e non ho mai sentito dire “ora basta”. Solo vaghi sussurri durante le festività ebraiche, un generico “volemose bene”. Ha Bait si presenta per cercare di porre fine a queste divisioni. Per questi motivi alla richiesta di presentarmi, ho accettato. Ci sono ambienti che credono di rappresentare la verità assoluta, pensano che le istituzioni siano “casa loro” e non la casa di tutti. Questo può portare consenso, ma nella realtà abbiamo una comunità divisa, estranei che convivono nella stessa istituzione. Questo per me, per la mia storia anche famigliare è inaccettabile.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Ho iniziato a fare attività in ambito comunitario dalla fine degli anni ’60 inizio ’70. Seguivo il movimento che aveva creato mio padre conosciuto come Moretto: salvaguardia delle istituzioni, contrasto all’antisemitismo/sionismo, sostegno ad Israele. Allora era una comunità diversa, più coesa, persone tra loro diverse dal punto di vista sociale, culturale, laici, osservanti lavoravano e collaboravano assieme per il bene comune, si avvertiva il senso di unità. Ora non è più così. Voglio essere chiaro, se non ti adegui al pensiero dominante sei considerato un corpo estraneo.
Ora continuo il mio volontariato: Progetto Memoria, guida al Museo della Shoah a Casina Vallati, ho raccolto molte testimonianze video per il sito Memoriebraiche.it. ma anche per dei libri pubblicati sulle vicende resistenziali di mio padre che combatté sia i fascisti che i nazisti durante l’occupazione di Roma. Vicende che sono state portate anche a teatro…
Secondo te di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Ciò che ha bisogno questa comunità è far capire che non ci sono figli di un D.O minore, che tutti si debbano sentire parte di una collettività. Non possiamo fare progetti per avvicinare ebrei lontani quando chi era vicino si è sentito escluso e si è allontanato. Non ci sono “nemici interni” ma opinioni diverse che vanno rispettate.
Una volta eletto quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Se eletto vorrei occuparmi di Memoria, ciò che ho sempre fatto, non solo Shoah o gli anni bui delle leggi razziste, ma uno sguardo alla nostra storia, a ciò che era l’ebraismo romano nel secolo scorso, un mondo scomparso, che ho scoperto nelle decine di video interviste fatte per i progetti citati in precedenza. Ed anche uno sguardo ad un passato che per alcune forze politiche non passa e che emerge di continuo. Ne abbiamo avuto un esempio lampante tra marzo ed aprile dalla strage delle Ardeatine alla festa della Liberazione dal nazifascismo. Ricordare è fondamentale per gestite i rapporti con le istituzioni nazionali, che rimangono comunque di competenza dell’Ucei poiché coinvolgono tutto l’ebraismo italiano. Per tutto questo mi trovo in perfetta sintonia con Ha Bait.
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Alessandro Gai
Alessandro, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Sono Avvocato, in particolare mi occupo di proprietà intellettuale in uno studio legale internazionale a Roma.
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Oltre a essere stato consultore in passato, sono stato chanich e bogher dell’Hashomer e sono stato residente nella Moishe House per oltre due anni. Queste esperienze mi hanno permesso di conoscere da vicino le esigenze e le dinamiche della nostra comunità, specialmente quelle legate ai giovani.
Secondo te, di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Una volta eletto, quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Mi dedicherei in modo prioritario ai giovani, in particolare alla fascia di età compresa tra i 18 e i 35 anni. Purtroppo, questa fase della vita è spesso trascurata, nonostante sia cruciale per il coinvolgimento attivo dei ragazzi nella comunità. Mi impegnerò per creare opportunità e spazi di partecipazione che permettano ai giovani di sentirsi parte integrante della nostra comunità e di non allontanarsi.
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Una risposta
Le premesse ci sono. I personaggi indiscutibili. Spero di farne parte anch’io collaborando con loro.