La mia arte con le lettere
Gabriele Levy da anni si è affermato come artista che partendo dall’argilla mette in dialogo materia e spirito
Come e perché è iniziata la tua arte?
La lingua ebraica è la mia lingua madre, e per me è la lingua più bella del mondo. L’argilla è terra, fango, materia. E secondo la Torah, Dio fece Adamo usando fango. Dalla terra veniamo ed alla terra ritorniamo. Imparai a lavorare l’argilla ed a cuocerla nel forno a più di mille gradi. Dopo un po’ lasciai da parte il tornio, che mi faceva venire mal di testa perché girava sempre e mi sono messo a fare delle piastrelle dove un altorilievo rappresentava una lettera ebraica. Quando sono nati i miei figli vivevo nella Diaspora, dove, contrariamente ad Israele, per strada è tutto scritto in lettere latine. Ed allora mi sono chiesto: “Come farò ad insegnare ai miei figli a conoscere le lettere ebraiche in un mondo in cui tutte le insegne e le scritte parlano con un altro alfabeto?”. Ho così incominciato a farne delle grandi, in argilla.
Le prime lettere che ho realizzato erano modellate a mano e fatte solo in terracotta, poi creai degli stampi in silicone e mi misi a produrle in materiali da colata: cemento, gesso, resine. Quando sono passato dal lavorare a mano libera agli stampi ho scelto di usare il font più diffuso in Israel: Frank Rühl. In seguito, ho anche scritto e pubblicato alcuni libri sul significato delle lettere ebraiche, traendo ispirazione dagli scritti di grandi maestri del passato, dal Gaon di Vilna a Rabbi Akiva, a tanti altri. Oggi ho un laboratorio con galleria d’arte nel cuore del quartiere ebraico di Roma, dove produco e distribuisco le mie lettere ebraiche, come artigianato artistico.
Le lettere, e le parole, ebraiche assumono anche valori simbolici e possono essere loro stesse delle immagini …
Dal muro della mia cucina, ho cominciato diffondere le lettere da parete tra amici, parenti e conoscenti: a ciascuno la propria iniziale, con il suo nome, suono, forma, valore numerico e significato. Le lettere venivano appese su nuovi muri, si incominciarono a conoscere e a far parlare di loro. Le grandi rivoluzioni avvenute nella storia della comunicazione umana sono state: l’invenzione della parola, l’invenzione del disegno, l’invenzione della scrittura simbolica, l’invenzione dell’alfabeto, l’invenzione della stampa ed infine l’invenzione della rete. Curiosamente, le ultime tre lettere dell’alfabeto ebraico sono, nell’ordine: la RESH ר, la SHIN ש e la TAV ת che insieme formano la parola RESHET רֶשֶׁת che significa, appunto, RETE.
Una particolarità delle tue opere è anche il loro avere una parte nascosta …
Il pittore lavora su una superficie piana, fatta di 2 dimensioni. Lo scultore, invece, lavora la materia nello spazio dove ci sono 3 dimensioni; Albert Einstein z”l ha dimostrato che esiste una quarta dimensione: il TEMPO. Nel mio lavoro voglio fare delle cose in 4 dimensioni.
Perché il tempo?
A volte ho la sensazione che noi ebrei abbiamo una relazione tutta particolare con il concetto del tempo. Le unità di misura del tempo che conosciamo ed usiamo di solito sono: il secondo, il minuto, l’ora, il giorno, la settimana, il mese, l’anno ed il secolo. Fin dal nostro essere nell’utero sentiamo i battiti del cuore; man mano che cresciamo la nostra sensibilità uditiva cresce. Dopo la nascita vi è una crescita esponenziale delle sensazioni e si inizia a percepire il passare dei secondi e magari anche dei minuti o delle ore attraverso i suoni che ci circondano, attraverso il silenzio e le parole o i suoni. In seguito, impariamo a renderci conto della differenza tra il giorno e la notte; poi arriviamo a vedere che la luna cambia di forma in maniera ciclica, rinnovandosi ad ogni mese. Ed ecco arrivare il concetto temporale del mese. Per tradizione, noi ebrei santifichiamo ogni nuovo mese.
Poi si scopre la differenza tra le stagioni e nasce così il concetto di anno come il ripetersi ciclico di quattro stagioni, ottenendo così un’altra unità di misura del tempo: l’anno. Anche un bambino, in un remoto deserto, 3000 anni fa, diventava in grado di riconoscere gran parte di queste unità di misura: il secondo, il giorno, il mese e l’anno. La tradizione dell’accensione delle candele di Shabbat, atto che in una famiglia ebraica è quasi “naturale” come lo è il passare del giorno e della notte, introduce una ulteriore unità di misura del tempo, quello della settimana. Il tempo della separazione dai giorni del lavoro materiale da quello dell’inizio del giorno che, dura come tutti gli altri giorni ma è molto molto diverso, essendo vissuto “al rallentatore” ed è dedicato allo spirito e non alla materia. E’ forse in questo che sta uno dei segreti dell’Ebraismo: l’accensione delle candele di Shabbat è un approccio pratico per insegnare la coscienza e la conoscenza del tempo.
Hai elaborato anche un altro tipo di progettazione artistica: la “composizione modulare” …
Nello stesso periodo giravo i corniciai di tutta la città, con le mie opere in mano, cercando qualcuno che potesse fare delle cornici adatte alle stesse. Poi, come per caso, iniziai a fare dei collages su dei pannelli di legno raccolti nella spazzatura. Accennavo prima, che il nome di alcune lettere è anche il nome di un qualcosa: ad esempio la parola “gancio” in ebraico si dice “VAV”, come il nome della sesta lettera che ha proprio la forma di un gancio. La funzione di un gancio è quella di collegare due oggetti; per questo la lettera VAV rappresenta la congiunzione, l’equivalente di “e” in italiano. Ho incominciato ad inserire al centro del collage-pannello un gancio ad L, in modo che gli si potesse appendere qualcosa: il pannello-collage diventa così la “casa” o la cornice stessa di ciò che vi è appeso. Ho capito una cosa ovvia: le cornici delle mie opere le avrei dovute fare io.
E’ nata così la mia “arte modulare”: creando una serie di oggetti più piccoli (chiamati “Modulo 1”), da scegliere da un mucchio ed appendere ai pannelli col gancio (chiamati “Modulo 0”), si ha la possibilità di cambiare a piacimento ciò che si vede sulla parete, di combinare due oggetti estetici scegliendoli a piacere da una pila posta accanto all’opera. L’arte modulare permette di avere un muro dinamico, che cioè può essere cambiato continuamente, e racconta ogni volta una storia diversa. Con 4 pannelli e 50 oggetti da appenderci, si possono formare 400 prodotti estetici diversi.
In un certo senso l’arte nascosta ed in 4D, insieme all’arte modulare formano un nuovo paradigma dell’arte, dove sono l’artista e lo spettatore-attore a poter definire quale è l’ottimale combinazione di oggetti estetici per quella persona, per quel giorno, per quella atmosfera.
Hai dei nuovi progetti a cui stai lavorando?
Sto studiando l’albero degli alfabeti invece dell’albero delle lingue. Lo scopo è capire se esiste un legame logico, cognitivo e comunicativo tra gli antichi geroglifici egizi e gli emoticons di oggi. Cioè un giorno gli storici avranno bisogno di qualcuno che gli spieghi come comunicavano i giovani di oggi, e ci sarà bisogno di un dizionario degli emoticons verso le lingue che si parleranno allora.
Se abbiamo scoperto il significato dei geroglifici, grazie alla Stele di Rosetta, vorrei preparare ora l’equivalente per le generazioni non ancora nate, ma non so come farlo. Se qualcuno ha delle buone idee in merito, mi scriva. Grazie in anticipo!
Per saperne di più: visita il sito
2 risposte
Grazie e bravi
Gabriele, sei unico
La comunicazione è nata nel deserto.